
4 giugno 2021 – Domenica 6 giugno suor Maria Laura Mainetti, la suora delle Figlie della Croce uccisa il 6 giugno 2000 a Chiavenna, verrà proclamata beata perché martire in odio alla fede. La riflessione del direttore della Caritas diocesana, Roberto Bernasconi.
Il rischio che corre la nostra comunità cristiana di fronte ad una azione di grazia come quello che riceviamo, ovvero la beatificazione di suor Maria Laura Mainetti, è quello di vivere la celebrazione quasi come la restituzione di un debito che la comunità si sente in dovere di pagare a nome di chi con un gesto sconsiderato ha posto fine alla vita terrena di suor Laura.
Credo che non sia questo il senso vero del gesto che la Chiesa ci invita a compiere, ma con la beatificazione della Mainetti ci invita a riscoprire la sua vita, il suo cammino di fede perché possa diventare esempio per tutti noi che abbiamo il compito di rendere concreto e attuale il messaggio salvifico di Cristo.
Io non ho conosciuto personalmente suor Laura, ma ho vissuto in prima persona le realizzazioni che poi “sul suo esempio”, la sua congregazione e le comunità parrocchiali del vicariato di Chiavenna, hanno realizzato per poterne perpetuare la memoria, ma soprattutto per continuare il suo impegno di vicinanza a tutte le persone che ne avevano bisogno.
Il Centro di Ascolto, l’asilo notturno, l’accoglienza di famiglie e di profughi in questi anni a Chiavenna hanno potuto diventare realtà operante e concreta a servizio della comunità e del territorio.
Questo cammino è stato possibile perché sull’esempio di suor Maria Laura si è avuto la capacità di superare i personalismi e le divisioni che spesso caratterizzano la vita delle nostre comunità, ma si è avuto il coraggio di lavorare assieme, Parrocchia Congregazione, gruppi Ecclesiali, amministrazioni civili, mettendo al centro non tanto i risultati da raggiungere, ma il bene comune.
Suor Mainetti con il suo sacrificio ci ricorda allora che per capire e realizzare il bene comune serve innanzitutto mettere a servizio la propria vita nella quotidianità e nella dimensione in cui si è scelto di vivere, lei era educatrice e lo è stata fino alla fine con la convinzione che senza il suo tassello il progetto comune sarebbe stato costruito monco.
Ci ricorda anche che ogni esperienza di vita va vissuta con responsabilità personale che non va mai delegata ad altri ma va vissuta in corresponsabilità con tutti quelli che hanno deciso di lavorare per questo bene comune, e questa responsabilità personale è così grande che va salvaguardata e vissuta fino all’estremo sacrificio.
Ci ricorda infine che è l’amore di Dio è il tesoro vero che abbiamo ricevuto con la nostra vita è che diventa la chiave di volta per essere corresponsabili nella costruzione di una società più giusta e solidale dove nessuno si senta escluso e per il bene di chi questo amore lo ha smarrito vale la pena di donare la propria vita per far sì che attraverso questo dono disinteressato tutti possano ritrovare la bellezza di vivere in sintonia con Dio è con i Fratelli.
Devo ringraziare per questo esempio a nome mio e della Caritas Diocesana suor Maria Laura, don Renzo Beretta, don Roberto Malgesini che con la loro esistenza hanno vissuto e testimoniato questo amore ricevuto da Dio, lo hanno esercitato in territori e in tempi diversi ma a nome della nostra Chiesa diocesana di cui ci sentiamo parte integrante e questi esempi ci aiutano a non perdere la bussola, a non focalizzarsi sul presente ma a vivere in servizio e in dono non tanto di certezze umane ma della bellezza di sentirci figli di un Dio che ha bisogno di noi per redimere l’umanità.
Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como
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