8 maggio 2014 – Siamo consapevoli delle difficoltà congiunturali e del particolare passaggio politico che stiamo vivendo – con molti cambiamenti amministrativi in atto, di cui ancora non sono ben chiari i contenuti, i tempi e le conseguenze, e con l’avvicinarsi della scadenza elettorale a più livelli – ma pensiamo che occorrano maggiore impegno e sensibilità, da parte degli enti locali, per affrontare insieme l’impegno umanitario e fraterno dell’accoglienza nei confronti dei profughi che, nell’ultimo mese, hanno raggiunto, numerosi, il territorio della nostra Diocesi.
Esprimo alcune osservazioni, a nome delle Acli di Como, della Croce Rossa sede di Como, della Caritas di Valtellina e Valchiavenna, delle comunità parrocchiali, associazioni e cooperative coinvolte nella fase dell’ospitalità dei migranti.
Nelle ultime settimane il ministero degli Interni ha più volte richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sul numero di coloro che, nei prossimi mesi e anni, sarebbero pronti ad affrontare il mare per approdare in Europa attraverso il Mediterraneo: prospettive che non hanno colto di sorpresa gli addetti ai lavori e chi è impegnato sul fronte accoglienza. Le cronache recenti ci hanno parlato anche del progressivo venir meno delle risorse per le operazioni di salvataggio nell’ambito dell’iniziativa “Mare nostrum” e delle incertezze economiche per il futuro.
Gli sbarchi, però, ci sono e non possiamo non sentire il dovere di aiutare tanti disperati, che scappano dalla fame, dalla guerra, da persecuzioni e privazioni di ogni tipo.
Per evitare il sovraffollamento nei Centri di accoglienza e in quelli di identificazione e permanenza, il ministero, a seconda delle presenze e degli arrivi, affida a ciascun territorio provinciale, attraverso il collegamento delle Prefetture, una quota di migranti, fino a un massimo di 50 per volta, con un preavviso di 12-24 ore.
Nell’ultimo mese, fra Como e Sondrio, sono duecento i profughi arrivati.
In provincia di Sondrio, accolti soprattutto in strutture di tipo alberghiero e in minima parte (circa il 20%) in realtà gestite da associazioni e cooperative in convenzione con la Caritas, i migranti presenti sono poco meno di un centinaio.
A Como sono arrivate 105 persone. Un gruppo di 50 siriani – costituito soprattutto da famiglie con bambini (i piccoli, in tutto, erano 26, fra cui una neonata di due mesi) – nell’arco di 48 ore ha lasciato la città, grazie alla collaborazione di familiari, amici e conoscenti in Nord Europa che li hanno ospitati.
Ne rimangono 55 e per loro si prospetta una permanenza lunga. Sono tutti giovani, dai 18 ai 25 anni, provenienti dall’Africa subsahariana (Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Eritrea). Sono accolti in 15 a Lenno (presso la struttura di una cooperativa sociale), 14 presso gli spazi della parrocchia di Como-San Bartolomeo, 4 presso la Casa Albergo delle ACLI di Como in via Domenico Pino, 25 presso il Centro pastorale Cardinal Ferrari (negli spazi del dormitorio invernale che per 4 mesi, tutti i giorni, ha dato ospitalità fino a 35 persone per notte).
Come Caritas, al momento abbiamo esaurito le disponibilità. In questi giorni abbiamo fatto un ottimo lavoro con la Prefettura e le Forze dell’Ordine, che hanno svolto un’opera preziosa e puntuale per quanto riguarda l’assolvimento delle pratiche burocratiche. Il mondo del volontariato e quello di molte parrocchie ha dimostrato sensibilità e apertura. Ma servirebbe maggiore collaborazione dalla dimensione pubblica, soprattutto dai Comuni e dagli enti territoriali. Ripeto, siamo tutti consapevoli delle difficoltà e delle fatiche anche per le amministrazioni, ma le ondate migratorie sempre più si stanno trasformando in un fatto strutturale e non episodico. Insieme dobbiamo chiederci cosa e come fare.
Al momento i costi dell’accoglienza sono affrontati con risorse provenienti dal ministero. In questi giorni con gli arrivi e le sistemazioni ci siamo preoccupati solo dei bisogni immediati, ovvero vitto, alloggio, vestiario. L’idea, come già avvenne nel 2011 con i profughi giunti dal Nord Africa, è di proporre anche percorsi di lingua italiana e di formazione professionale, visto che tutti chiedono di lavorare e di rendersi utili.
«I credenti – osserva il vescovo monsignor Diego Coletti – sono da sempre attenti e sensibili ai fratelli che soffrono e che vivono in condizioni di povertà, a prescindere dalle appartenenze, dalle provenienze, dalle convinzioni religiose. Ci sta a cuore e sentiamo come urgente, insomma, tutto ciò che è autenticamente e concretamente umano. Perché nel volto di ogni essere umano è impresso il volto di Cristo. I flussi migratori ci ricordano che la globalizzazione non è soltanto un’opportunità di arricchimento per i mercati: anzi sono proprio le iniquità, come le definisce papa Francesco, a costringere le persone a muoversi in massa, a causa di guerre, sfruttamento e ingiustizie, spesso alimentate proprio da quel mondo benestante che poi fatica ad accogliere profughi e migranti. Le soluzioni non sono, purtroppo, immediate e nemmeno semplici, visto che devono cambiare interi sistemi politici e di produzione economica. L’oceano, però, è fatto di tante piccole gocce e si cambia con il cominciare a fare, ciascuno e fino in fondo, la propria parte».
Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como
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