Pubblicato il: 15/12/2020Categorie: Editoriali, News
Roberto-Bernasconi

2 gennaio 2021 – Con il suo messaggio “La cultura della cura come percorso di pace”, reso noto per la celebrazione della 54esima Giornata mondiale della Pace, papa Francesco ci ricorda il bisogno di pace, che l’umanità ricerca nel profondo del suo cuore, e invita ognuno a sentirsi soggetto attivo nella ricerca della pace, qualunque sia la condizione di razza o religione, o credo politico. E soprattutto pone al centro la cultura della cura, una dimensione che oggi più che mai va riscoperta e resa “prassi” quotidiana.

Papa Francesco invita tutti – credenti o non credenti – a considerare il fatto che parte proprio da Dio la vocazione alla cura, Lui che creatore sin dall’inizio dell’avventura umana ha cercato di avere cura delle sue creature, aiutandole a coltivare e a custodire la loro vita nei confronti degli altri, portandoci come esempio la storia del rapporto tra Caino ed Abele, che come sappiamo si evolve in modo tragico. Questa vicenda pur dolorosa è basata sulla convinzione che la cura è il binario su cui far camminare l’esperienza della vita: alla domanda di Dio del perché di questo fratricidio, Caino risponderà «sono forse io il custode di mio fratello?».

Tutta la storia dell’Antico Testamento è intrisa di questo primato di un Dio che si prende cura delle sue creature, tanto che invita il popolo ebraico a istituire il sabato come giornata non solo dedicata al culto, ma anche alla cura degli uomini partendo dai più deboli; e il giubileo è nato proprio dome tempo in cui si consentiva una tregua alla terra e in cui si liberavano gli schiavi rimettendo i loro debiti e offrendo una prospettiva nuova di vita.

Il Vangelo ci dice che Gesù sceglie di venire tra noi per condividere l’avventura umana e ci indica la strada per raggiungere la vera convivenza e la pace, quella di donare completamente la vita. E Lui questo lo realizza non con parole, ma donando realmente la sua vita per noi, dicendoci «seguitemi e fate anche voi così».

Nel suo messaggio, inoltre, il Papa ci indica come la Chiesa – sull’esempio di Cristo – si inserisce nella storia degli uomini per concretizzare questo cammino di cura. Ci ricorda che, dal punto di vista della Chiesa, la cura ha come base i principi della Dottrina sociale della Chiesa e ci indica alcuni punti irrinunciabili.
Tra questi, la cura come promozione della dignità e dei diritti delle persone; e la cura del bene comune, che è l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia ai singoli sia alla collettività di raggiungere la capacità di vivere in modo sereno all’interno della nostra società.
E in questa cura del bene comune ci sono alcuni capisaldi:
la cura mediante la solidarietà; la cura e la salvaguardia del creato; la cura come bussola che aiuta l’umanità a percorre una rotta comune.

Il Santo Padre ci ricorda anche che la cultura della cura non è connaturata dentro di noi, ma ci dobbiamo educare partendo dalla famiglia, dalla scuola, dalle religioni che devono superare le divisioni e battersi per trasmettere i valori della tolleranza e della diversità non come impedimento ma come ricchezza comune.

Proponendo questo mese della Pace anche sul nostro territorio noi facciamo nostro questo appello del Papa e dovremmo innanzitutto cercare di viverlo per poi poterlo donare agli altri.
Mi spiego meglio. Il comitato comasco promotore della Giornata della Pace è formato da tantissime realtà, ci siamo proposti con varie sigle – credo una cinquantina – quasi a rimarcare la nostra appartenenza a una idea precisa e a un cammino che ognuno di noi propone e che ritiene inderogabile.
Forse è venuto il momento di accantonare queste differenze. Sarebbe bello che ci presentassimo come donne e uomini che provengono sì da esperienze di vita diverse, ma che sono disposti a mettere al servizio del bene comune le proprie particolarità, perché la pace vera non è frutto di alchimie o di imporsi sugli altri, ma è accettare gli altri – come ci dice il Papa – senza giudicare, per poi sapersi donare. Saperci spendere fino in fondo a favore di tutta l’umanità.

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

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