29 aprile 2012 – Torno volutamente sul tema delle Caritas parrocchiali e della loro decisiva importanza per dare una risposta di più ampio respiro e, per così dire, più collegiale ai problemi presenti sul territorio, dalla grave emarginazione all’accoglienza degli immigrati, dalla crisi economica che coinvolge sempre più persone e famiglie delle nostre comunità all’organizzazione di metodi e strumenti per accogliere e accompagnare chi è nel bisogno.
Come ho già ricordato nel precedente mio intervento, il lavoro di operatori, parroci e volontari che animano fino ad oggi l’operato di circa 60 Caritas parrocchiali su 338 parrocchie presenti nella Diocesi è preziosissimo, va sostenuto, incoraggiato e, se possibile, “moltiplicato” sul territorio.
Un’impresa non facile, ma non impossibile. Un’impresa che ha ovviamente bisogno di persone disponibili e motivate, ma anche di organizzazione e del supporto della stessa Caritas diocesana. Un’impresa che non può essere gestita esclusivamente nell’ambito dell’emergenza, ma che deve essere, per così dire, strutturata e fondata su principi che non possono essere lasciati “sullo sfondo” dell’azione caritativa.
A questo proposito vorrei sottolineare cinque “direttive” per meglio caratterizzare l’azione delle Caritas parrocchiali già operanti e per quelle che mi auguro possano formarsi nei giorni a venire: l’ecclesialità; la formazione; il discernimento; la testimonianza; e, infine, l’operatività.
Per ciò che riguarda l’ecclesialità, non mi stancherò mai di ricordare che la Caritas sta facendo un cammino di Chiesa, è dentro il tessuto parrocchiale e, al di là delle azioni che porta avanti ogni giorno, deve sempre concretizzare i contenuti e gli stili di vita che la Chiesa stessa propone con coerenza e vigore. Certo, ogni realtà ha le sue peculiarità e i bisogni variano da zona a zona; tuttavia, se siamo capaci di confrontarci proprio sulle diverse particolarità, la nostra esperienza si rafforza, diventa crescita concreta in un coerente cammino diocesano.
L’azione non può prescindere poi dalla formazione. Una formazione che è fatta di ascolto, meditazione e confronto sulla Parola di Dio e sui documenti che la Chiesa – dal Concilio Vaticano II in poi – ci ha dato. Tra questi documenti voglio citare gli atti del Convegno ecclesiale di Verona del 2006, che hanno indicato come superare la logica dell’“uomo settoriale” (che come in compartimenti stagni è coinvolto in ambiti specifici, per esempio la scuola, la famiglia, il lavoro, il tempo libero e così via) per giungere a un “uomo unitario”, che sa dare senso alla sua vita proprio perché affronta tutti questi ambiti in un’esperienza omogenea, di confronto, di vicinanza e di carità. Ecco perché la formazione specifica – che già c’è – va sviluppata a livello di gruppo e per questo serve l’apporto di chi vive in prima persona la realtà e le problematiche degli ambiti sopra citati.
A questo punto entra in gioco l’opera di discernimento. La Caritas parrocchiale deve essere consapevole che da sola non può fare tutto. E’ importante la collaborazione con le altre Caritas, le associazioni di volontariato, gli enti pubblici, i sindacati e via elencando. Noi non siamo bravi per aver pagato le bollette a chi non arriva alla fine del mese con il proprio stipendio, ma abbiamo svolto un’azione incisiva se chi è in difficoltà trova presto una via d’uscita, una sua autonomia. Per far ciò è indispensabile il “lavoro in rete” e soprattutto superare la carità dell’emergenza e vivere di più la carità dell’accompagnamento. Un obiettivo che il gruppo Caritas parrocchiale deve sempre tenere presente.
Concludo evidenziando gli aspetti della testimonianza e dell’operatività, due facce della stessa medaglia.
La carità a tutti i livelli è fatta di testimonianza. E la vita di una comunità solidale – che mette in atto l’“operatività dell’ascoltare e dell’accompagnare” – deve essere basata su principi e valori rinnovati e testimoniati quotidianamente come la fratellanza, la sobrietà, un uso giusto e corretto dei beni.
Chi opera nelle Caritas parrocchiali vada avanti con coraggio su questa strada, sapendo che può contare sul supporto e l’aiuto della Caritas diocesana. Sempre e per ogni genere di problema.
Roberto Bernasconi, direttore Caritas diocesana di Como
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