Pubblicato il: 13/01/2015Categorie: Editoriali, News

13 gennaio 2015 – Anche quest’anno, domenica 11 gennaio 2015, ci siamo ritrovati tutti insieme e abbiamo marciato per la Pace lungo le vie di Como. Questo nostro incontrarci è stato particolarmente significativo, in un momento in cui l’umanità sembra avere optato per la scelta della violenza a tutto campo: dalla famiglia alla scuola, dalla dimensione del lavoro e della politica a quella delle guerre – spesso fratricide – che stanno dilaniando molti Paesi del mondo.

Ci sembra più che mai doveroso e urgente parlare di Pace, ma nello stesso tempo si ha la sensazione che possa essere inutile. Sembra che nessuno sappia più ascoltare le parole di Pace che alte si elevano dalle chiese, da tante personalità, e anche da tanta gente comune che ha vissuto situazioni di violenza e di guerra.

Noi vogliamo sfidare questa chiusura, questo pessimismo. Vogliamo gridare forte alla nostra società che non è inutile parlare di Pace, che il dialogo e l’accoglienza dell’altro, la conoscenza e il rispetto delle persone e delle culture sono l’unica possibilità che ci è data per superare le divisioni e i conflitti.

Siamo convinti che, attraverso l’impegno di ognuno di noi in questo cammino, avremo l’opportunità di riscoprire alcuni valori fondamentali per la vita dell’uomo, quali la tolleranza, il rispetto del prossimo, il dialogo, la ricerca della ricchezza data dalla conoscenza delle culture, la riscoperta del trascendente. Solo in questo modo potrà radicarsi in tutta l’umanità la cultura della Pace.

Papa Francesco ci aiuta moltissimo in questo cammino di ricerca. Con la sua testimonianza e con ciò che ci comunica quotidianamente – penso ovviamente anche al suo accorato appello di quest’anno in occasione di questa ricorrenza – ci fa comprendere che la Pace è possibile proprio attraverso l’impegno di ognuno di noi. Ci chiede di essere protagonisti e costruttori di Pace ogni giorno con la nostra vita personale e comunitaria.

Mi piace ricordare la conclusione del suo messaggio: «Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?”. La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani».

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

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