Sergii e Viktoria non la smettono di ringraziare: la Caritas diocesana e i suoi operatori, la parrocchia di Lipomo con don Alfonso Rossi e i tanti volontari che per alcuni mesi hanno provato a farli sentire a casa, cercando di alleggerire i pensieri dalle continue notizie di guerra in arrivo dall’Ucraina. Ringraziano con il sorriso sulle labbra e l’automobile pronta per fare ritorno nel Paese che hanno lasciato, in fretta e furia, all’indomani dell’invasione russa.
«Non possiamo davvero che ringraziare l’Italia per come ci ha aperto le porte, ma ora è il tempo di rientrare. Certo la guerra non è finita, ma fortunatamente la nostra città si trova lontano dalla zona dei combattimenti e la nostra casa non ha subito danni. Un po’ di preoccupazione resta perché qualche bomba continua a cadere non lontano da dove viviamo, ma soprattutto i bambini vogliono riabbracciare i loro nonni che non vedono da cinque mesi», ci ha raccontato Sergeii.
Lo incontriamo in una calda giornata di inizio agosto, poche ore prima della loro partenza per affrontare il lungo viaggio che li riporterà in Ucraina. Le valigie, piene di regali e di ricordi per i parenti rimasti a casa sono già pronte nella stanza accanto.
La loro storia è simile a quella di altre decine di famiglie che, dopo alcuni mesi di accoglienza, scelgono di tornare in patria nonostante la guerra non sia ancora finita. Gli operatori Caritas raccontano di una situazione in evoluzione con un flusso di profughi continuo in entrata e in uscita dall’Italia: molte sono le famiglie che decino di ritornare in Ucraina, ma altrettante, se non di più, sono quelle che continuano a chiedere accoglienza. Ad arrivare sono soprattutto le famiglie provenienti da quelle regioni del Paese dove ancora si combatte.
Sergii è arrivato a Como alla metà di marzo insieme alla moglie Viktoriia e ai tre figli: Damir (2 anni), Illia (9 anni) e Valeriia (11 anni). Una volta in città ha bussato alle porte della Caritas diocesana che ha messo loro disposizione una stanza a Casa Nazareth. Dopo alcune settimane il trasferimento a Lipomo dove la parrocchia ha offerto l’appartamento sopra l’oratorio, un tempo occupato dal vicario; spazi sicuramente più adatti a tutelare il clima familiare. «In questi mesi ci siamo trovati davvero bene», racconta Sergii in un ottimo italiano, eredità di una precedente esperienza nel nostro Paese. «Sono arrivato in Italia – spiega – quando avevo 19 anni e sono rimasto per oltre un anno e mezzo prima di fare ritorno in Ucraina». È anche grazie alla conoscenza della lingua e alle sue competenze di cartongessista e muratore che Sergii è riuscito a trovare subito un impiego come artigiano.
«Qui il lavoro non mi sarebbe mancato – confida l’uomo -, vista anche le tante richieste nel settore, ma la lontananza da casa si fa sentire. Voi italiani avete un grande cuore e non ci dimenticheremo mai di quanto avete fatto in questi mesi, ma scappando abbiamo lasciato indietro tutto – casa, famiglia, amici – ed ora è tempo di tornare». «Speriamo un giorno di poter tornare qui, quando la guerra sarà finalmente finita – conclude l’uomo lasciandosi andare ad un sorriso -, ma questa volta per passare insieme una bella vacanza e poter riabbracciare le tante persone conosciute in questi mesi».
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