Pubblicato il: 04/09/2014Categorie: Editoriali, News

4 settembre 2014 – Io penso che la bellezza dell’essere Chiesa, comunità di fratelli, sia da un lato il poter prendere coscienza dei nostri limiti, della nostra piccolezza e, dall’altro, il provare la certezza che la nostra vita, per quello che è, se è messa a servizio, diventa un dono per gli uomini e rende vivo e operante Cristo nella nostra storia.

Don Plinio questa coscienza l’ha testimoniata nel vivere in pienezza la sua vita e la sua vocazione sacerdotale.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo in due momenti diversi della mia vita, ben distinti tra loro, ma accumunati da un filo di coerenza che mi ha aiutato dapprima a mettere le fondamenta e poi a costruire la mia storia.

L’ho conosciuto a Olgiate, quando da giovane che frequentava l’Oratorio ebbi l’opportunità di ascoltarlo quando interveniva a qualche incontro di formazione, ma soprattutto attraverso la testimonianza di sua sorella Nella, donna saggia e intraprendente che sapeva coinvolgerci in tanti gesti di accoglienza e di attenzione nei confronti dei problemi degli immigrati dal Sud d’Italia che in quegli anni ’60 arrivarono numerosi in cerca di lavoro e di stabilità economica. Fu in quel periodo che da lui imparai ad apprezzare la preparazione teologica e umana unita al rigore di una coerente testimonianza di servizio.

L’ho ritrovato molti anni dopo, quando ormai, dopo la lunga esperienza nella Caritas e come Parroco di Camnago Volta, aveva un po’ rallentato il ritmo, ma non certo l’attenzione e la lucidità nel guardare ai fatti della storia e alla concretezza dei problemi della vita.

Ricordo in particolare quando, durante il viaggio di andata di un pellegrinaggio a Lourdes, abbiamo condiviso nello stesso scompartimento del treno una notte insonne e tante riflessioni.

Nel frattempo ero stato chiamato io a dirigere quella Caritas che lui aveva visto nascere e accompagnato per i primi fecondi vent’anni e il confronto sincero e sereno mi ha molto aiutato a comprendere il senso profondo del servizio al quale ero stato chiamato.

Mi ha chiarito che le azioni che si compiono non devono essere fine a se stesse, ma sono la conseguenza di una vita che tutta intera si pone in stato di servizio e io credo che questo don Plinio l’ha davvero vissuto fino in fondo.

Mi ha fatto capire l’importanza di saper osare, senza orgoglio; di non sentirsi mai arrivati, sempre attenti a cogliere e a sviluppare in tutta umiltà le opportunità e le qualità che le persone che incontri ti donano.

Mi ha anche confidato come la sua grande passione di una vita (era uno straordinario radioamatore in contatto con tutto il mondo) lo aveva aiutato a uscire dalle chiusure delle nostre certezze, dalla piccolezza delle nostre prospettive sempre un po’ provinciali, per cercare di restare ancorato all’ampiezza di visuale dell’uomo globale.

Grazie, don Plinio, a nome mio, ma soprattutto a nome della Caritas diocesana che ancora oggi, dopo quarant’anni, può operare e svilupparsi proprio perché le fondamenta che hai posto sono solide e sicure.

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

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