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18 maggio 2022 – Il “Dormitorio annuale Città di Como”, la preziosa struttura comunale gestita dalla Caritas diocesana e operativa dal 2010 in via Napoleona 34 nella sede storica dell’Ozanam, è il centro di accoglienza notturno annuale per le persone senza dimora che vivono nel capoluogo.
Il dormitorio può ospitare ogni giorno dell’anno 56 persone italiane e straniere regolarmente soggiornanti (di cui 7 donne) in 18 stanze condivise.
Come già fatto recentemente per Porta Aperta e il Centro di Ascolto di Como, abbiamo fatto il punto della situazione e tracciato un bilancio dell’attività svolta nel 2021 dalla struttura di via Napoleona che, lo ricordiamo, si affianca al dormitorio “Daniele Comboni” presso i Padri Comboniani di Rebbio, aperto nel 2017 e coordinato anch’esso dalla Caritas diocesana – attraverso la sua Fondazione Caritas Solidarietà e Servizio – in sinergia con la parrocchia di San Martino.


Ne abbiamo parlato con Samuele Brambilla, l’operatore della Caritas diocesana responsabile da circa un anno del servizio. Con lui lavorano l’assistente sociale Valeria e i tre operatori (custodi) Gino, Daniele e Driss.

«Nel 2021 abbiamo accolto 126 persone che hanno fatto almeno una notte – afferma Samuele – Di queste 109 erano uomini e 17 donne. Dei 109 uomini, 37 erano italiani e 72 stranieri; le donne 9 italiane e 8 straniere. Il dato complessivo è inferiore a quello del 2020: 175 persone (158 uomini e 17 donne). Le cause? Sicuramente la pandemia ha fatto diminuire la mobilità delle persone. Rispetto all’anno precedente, infatti, il 2021 ha visto un calo delle domande presentate da giovani uomini stranieri tra i 18 e i 40 anni: ci sono stati sicuramente meno arrivi via mare. A livello organizzativo, gli ospiti del dormitorio sono diventati prevalentemente stanziali (a differenza del passato caratterizzato dall’accoglienza mensile a rotazione). Nel 2021 alcuni sono usciti perché hanno trovato lavoro e nuovi alloggi; c’è chi tra la compagine nordafricana spesso è rientrato nel suo Paese per qualche mese. Stabile invece il numero delle donne. Occorre sottolineare che in questo periodo di allentamento dell’emergenza sanitaria è ripristinata la normale organizzazione che prevede il tempo di permanenza di 30 notti consecutive a persona, che vengono poi riconfermati dopo una settimana di attesa, per garantire il turn over».

Il 2021 è stato ancora caratterizzato dall’emergenza Covid. Come avete affrontato il problema?

«Anche nel 2021 abbiamo proseguito, su indicazione e in accordo coi Servizi sociali, con il congelamento delle dimissioni e con le ospitalità prolungate, in grado di assicurare la permanenza in dormitorio della medesima comunità di persone a maggior tutela della salute delle stesse. Nel mese di marzo e durante la prima decade di aprile, conseguentemente al passaggio della regione Lombardia in zona rossa, l’orario di uscita dal dormitorio è stato ampliato dando la possibilità agli ospiti di rimanere in struttura fino alle ore 10.30. La disponibilità dei vaccini ha poi permesso di ridurre sensibilmente il rischio di contrarre la malattia ma soprattutto di limitare gli effetti nocivi del virus. L’attività di monitoraggio della salute degli ospiti e della copertura vaccinale è proseguita per tutto l’anno e la percentuale di popolazione vaccinata, e presente in dormitorio, ha raggiunto il dato della media nazionale».

Questo ultimo elemento ha permesso, nel corso del mese di giugno, di riprendere il servizio di volontariato in accoglienza…

«Sì, avevamo dovuto sospenderlo a seguito delle limitazioni imposte dal primo lockdown. Differentemente dallo scorso anno, infatti, non abbiamo avuto a disposizione la struttura di via Cadorna, soluzione emergenziale ma efficace per l’isolamento immediato delle persone senza dimora positive al virus e i loro contatti stretti. Ciò ha richiesto, a livello organizzativo, uno sforzo e un impegno ancora maggiori per salvaguardare la salute di tutte le persone frequentanti il servizio».

Avete anche affrontato il problema tamponi…

«Nei mesi di novembre e dicembre ci siamo attrezzati per somministrare tamponi rapidi in struttura, predisponendo uno spazio per l’isolamento in attesa dell’esito, scaglionando gli ingressi degli ospiti e istruendo i contatti stretti delle persone positive circa le nuove norme di convivenza, in auto sorveglianza, fornendo loro i dispositivi necessari per tutelare la loro e l’altrui salute e riservando a loro uso esclusivo alcuni spazi della struttura. Per i tamponi di controllo ci siamo invece avvalsi della collaborazione di alcune farmacie ove le persone, previo nostro appuntamento telefonico, potevano recarsi in autonomia a svolgere il test. Le persone che risultavano positive sono state invece indirizzate e inviate presso le strutture ospedaliere e alcune di loro, quelle che presentavano sintomatologia lieve o inesistente e che dunque non necessitavano di cure particolari, sono state poi trasferite nei Covid hotel».

C’è richiesta di volontari in questo momento?

«Nel 2021 ne abbiamo inseriti una decina. Negli ultimi due anni abbiamo limitato la presenza a un solo volontario per notte, a differenza dei due del periodo pre-Covid, ma siamo sempre alla ricerca di nuove disponibilità. L’impegno richiesto è di una notte al mese dalle 20 alle 8 del mattino successivo. Attualmente sono circa 40 i volontari a cui si affiancano quelli dei lavori socialmente utili (una decina). Poiché siamo l’unica struttura di bassa soglia che accoglie anche ospiti donne è molto preziosa la presenza femminile delle volontarie. La maggior parte dei volontari è over 60, ma ultimamente stiamo ricevendo disponibilità da parte anche di ragazzi giovani, prevalentemente studenti universitari».

Oggi con il cambio di stagione, vedi altre criticità?

«Data la natura del nostro territorio diversi ospiti del dormitorio trovano opportunità di lavoro o tirocinio formativo nel settore turistico, attività che prevede ritmi e turni di lavoro poco compatibili con gli orari di accoglienza della struttura: l’ospite rientra tardi, dorme poche ore e al mattino deve uscire per rispettare l’orario di chiusura. Trovare un appartamento in affitto non è sempre semplice e rapido e purtroppo sul territorio mancano strutture o spazi di accoglienza per trascorrere le ore non lavorative diurne, fatta eccezione per il Centro diurno di Como, e da dedicare al riposo. La sinergia con il centro di accoglienza notturna dei Padri Comboniani di Rebbio è l’occasione per offrire maggiore stabilità alloggiativa a persone maggiorenni senza dimora che hanno qualità spendibili in percorsi di inserimento formativo e lavorativo, ma che non sono in grado di avere entrate economiche sufficienti per sostenere nel tempo una autonomia abitativa. Ricordo che nel 2021 sono state ospitate a Rebbio complessivamente 46 persone».

Presso il dormitorio di via Napoleona l’operatrice Caritas Valeria segue il percorso di inserimento sociale e lavorativo di alcuni ospiti…

«Nel corso del 2021 sono state 56 le persone prese in carico dall’assistente sociale per intraprendere un percorso personalizzato verso l’autonomia o per risolvere problemi sanitari, pratiche burocratiche, percorsi di disintossicazione, la ricerca di un lavoro, progetti di risparmio economico, percorsi di formazione professionale e di alfabetizzazione per gli stranieri. Senza contare le persone seguite per brevi periodi o senza progettualità definite, per le quali è sempre stato disponibile uno spazio di ascolto, segretariato sociale e orientamento/supporto. In alcuni ambiti, per esempio l’inserimento lavorativo o la sperimentazione di modelli di inclusione in percorsi di housing first con l’assegnazione di un alloggio, è importante la sinergia con il Comune di Como grazie al progetto “Strade verso casa”, che vede coinvolte numerose altre realtà del Terzo Settore del territorio. Qui ritorna il problema di poter permettere alle persone che lavorano o che hanno intrapreso un percorso di reinserimento sociale di trascorrere la notte in un dormitorio di seconda accoglienza».

Il tuo personale bilancio a un anno di lavoro come responsabile…

«È stato un anno complesso ancora scandito dagli effetti della pandemia. Con il dormitorio di via Napoleona l’impatto è stato importante perché occorre gestire tanti aspetti diversi: turni di custodia, manutenzioni, forniture, ospiti, volontari, rapporto con la pubblica amministrazione, con la rete e altri soggetti. Per fortuna non sono solo a farmi carico di tutto ciò, ma posso avvalermi del supporto di altri colleghi, custodi in primis, e dei nostri super volontari. Benché sia del parere che si possa sempre migliorare, sono orgoglioso del lavoro che si sta portando avanti e ottimista per il futuro.

La testimonianza della volontaria Paola:
«Credevo di donare tanto, invece ho raccolto molto di più»

Mi chiamo Paola e sono una volontaria del dormitorio da alcuni anni.
Ho incominciato per caso; dapprima andando alla mensa serale e poi in Emergenza Freddo.
Credevo di donare abbastanza del mio tempo, invece dentro di me cresceva la voglia di dare di più. Così ho provato a fare la mia esperienza anche in dormitorio.
Ho conosciuto tanti ospiti provenienti da Paesi diversi. Mi obbligo a ricordarmi il loro nome in modo da salutarli con affetto, e se mi scordo un nome mi mettono alla prova.

Parecchi ospiti, ora che bisogna portare la mascherina, li riconosco dal cappellino di cui non si separano mai, da una chitarra portata sulle spalle, da una croce al collo, da un quadro sotto il braccio.
Ognuno ha la sua storia.

Ho imparato che a loro non importa del posto caldo o di un paio di scarpe nuove (cose utilissime per il fabbisogno), ma hanno bisogno di essere ascoltati, senza essere giudicati.
L’ascolto vuol dire avere l’umiltà di sedersi con loro e ascoltarli, senza pretendere di dare consigli.
Restare in silenzio per sentire con le orecchie e il cuore le loro storie.
Con il passare del tempo ho imparato a volergli bene per come sono; si è instaurato un rapporto di rispetto e di fiducia.

Credevo di donare tanto, invece ho raccolto molto di più.

Paola, volontaria

L’accoglienza notturna “Daniele Comboni”

L’accoglienza notturna “Daniele Comboni”, presso i Padri Comboniani di Rebbio in via Salvadonica, apre i battenti a luglio del 2017 e nasce appunto dalla collaborazione tra i Missionari Comboniani, la Caritas diocesana di Como – attraverso la Fondazione Caritas Solidarietà e Servizio – e la parrocchia San Martino.
Il servizio vuole offrire maggiore stabilità alloggiativa a persone maggiorenni senza dimora (uomini italiani e stranieri con permesso o carta di soggiorno in corso di validità) con entrate economiche proprie, con qualità spendibili in percorsi di inserimento o di reinserimento formativo/lavorativo, risorse tuttavia ancora non sufficienti a garantire loro la piena autonomia abitativa e finanziaria.

L’accesso alla struttura prevede un solo requisito fondamentale: la condivisione, la scrittura e la realizzazione di un progetto di accompagnamento individuale da concretizzare anche con il supporto degli operatori e, in alcuni casi, dei volontari di riferimento.
La capacità massima è di 18 posti, 9 per gli inserimenti provenienti dalla parrocchia di Rebbio e 9 per invio diretto di Caritas, più 1 posto da attribuire a seconda delle necessità e delle richieste pervenute ai due enti. Alla struttura si accede tramite richiesta e colloqui presso il servizio di Porta Aperta a Como.

I servizi offerti sono: posto letto; colazione giornaliera, utilizzo servizi igienici e docce; utilizzo lavatrice per vestiario; lavaggio e cambio biancheria; spazio tv e cucinino; supporto di un operatore o operatrice per un orientamento formativo e/o lavorativo (con la collaborazione della Cooperativa Symploké); counseling educativo; consulenza legale; accompagnamento ai servizi del territorio.
Il servizio è gestito da 4 figure professionali (un referente della struttura; due operatori e un custode) e da numerosi volontari per l’accoglienza e la presenza notturna.
A giugno del 2020, dopo alcuni lavori di ristrutturazione, l’accoglienza è stata trasferita al secondo piano dello stabile di via Salvadonica, aumentando così gli spazi e garantendo un servizio migliore agli ospiti.

Le persone accolte nel 2021

Nel 2021 sono stati ospitati complessivamente 46 uomini, tutti stranieri. L’età media è di 35-40 anni. Per il loro accompagnamento al lavoro o per i progetti personalizzati verso l’autonomia sono impegnate due operatrici, una della parrocchia e una di Caritas.
Per l’organizzazione dell’accoglienza e delle varie attività è in atto una proficua sinergia tra Caritas, parrocchia e Padri Comboniani. In generale a Rebbio giungono persone (tutte regolari) che hanno varie tipologie di permesso di soggiorno (dalla protezione umanitaria a quella “speciale”, o con una sussidiaria), per cui sono persone che hanno già fatto un percorso in accoglienza, alcuni hanno terminato e poi non hanno trovato un’attività lavorativa, oppure non hanno messo radici sul territorio dove erano ospitati per cui arrivano a Como in cerca di occupazione.

I dati dei primi mesi del 2022

A oggi (18 maggio) tutti i 18 posti del dormitorio sono occupati, complice anche la chiusura della struttura di via Borgovico che ha ospitato l’Emergenza Freddo 2021-2022.
Ricordiamo che 8 ospiti lavorano con regolare contratto e 2 sono impegnati in percorsi formativi tramite enti di formazione del territorio.

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