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24 dicembre 2020 – “Porta Aperta”, il servizio di coordinamento dei servizi per la grave marginalità della Caritas diocesana di Como, nei mesi scorsi si è rivolta alle parrocchie della città e delle zone limitrofe per chiedere la disponibilità ad accogliere – per un periodo limitato di tempo, legato alla fredda stagione invernale – uno o più senza dimora garantendo loro un luogo riscaldato, una branda o un letto e i servizi igienici per trascorrere la notte.

«Il nostro obiettivo – racconta Beppe Menafra, responsabile di “Porta Aperta” – era ed è quello di realizzare un’accoglienza diffusa sul territorio per ospitare alcune persone senzatetto in questo periodo di emergenza freddo. L’idea, denominata “Progetto Betlemme”, è stata così condivisa e realizzata con entusiasmo in due parrocchie della città, precisamente a Sagnino (comunità pastorale di Monte Olimpino, Ponte Chiasso e Sagnino) e a Tavernola. Queste due realtà seguono, quindi, la prima esperienza di accoglienza parrocchiale, tuttora in essere, nella parrocchia di Sant’Agata (comunità pastorale “Santi della Carità” comprendente  Sant’Orsola, Garzola e, appunto, Sant’Agata) che già nell’inverno 2019-2020 aveva dato vita all’esperienza “Casa Bartimeo”, un appartamento parrocchiale che ospita 4 persone senza dimora».

L’ospitalità temporanea (dal 1° dicembre al 31 marzo), avviene quotidianamente dalle 20 alle 8 del mattino successivo; non è prevista la fornitura di pasti. Al servizio possono accedere le persone in precedenza ascoltate dal servizio di “Porta Aperta”. La stessa Caritas, con i suoi operatori, fornirà un sostegno alla parrocchia, che a sua volta può attivare una rete di volontari (gli stessi parrocchiani) disponibili per l’accoglienza alla sera e per gestire l’uscita mattutina dalla struttura.

«Ovviamente ci sono alcune regole da rispettare – ricorda Beppe Menafra – Caritas, ospite e parrocchia siglano un “patto” scritto di accoglienza con le modalità da seguire all’interno dello spazio concesso per l’ospitalità, compreso il rispetto delle normative sanitarie in atto per l’emergenza Covid. Se l’ospite non dovesse attenersi al patto, sarà Caritas ad allontanarlo dalla struttura e ciò può avvenire in qualsiasi momento». «Il progetto Betlemme – conclude il responsabile di “Porta Aperta” – è avviato e ne siamo felici. Ora l’intento è di sensibilizzare tutte le comunità parrocchiali della città e zone limitrofe a “replicare” questa bella iniziativa di accoglienza. Insieme si può fare».

 

Ecco la testimonianza dei parroci di Sagnino, di Tavernola e di Sant’Agata che hanno intrapreso con impegno ed entusiasmo il “Progetto Betlemme” nelle loro comunità, grazie anche all’aiuto di tanti parrocchiani di “buona volontà” . Il loro messaggio univoco è: «L’accoglienza diffusa sul territorio è una grande opportunità per le
persone in difficoltà, ma anche per la comunità intera. Insieme si può fare!».

 

QUI SAGNINO

«Questa esperienza nasce da lontano. Avevamo il desiderio che la nostra comunità si aprisse ai bisogni del territorio. E così, dopo aver conosciuto il Progetto Betlemme di Caritas Como, abbiamo deciso di condividerlo con responsabilità, mettendoci in gioco con entusiasmo». Con queste parole, don Emanuele Corti, parroco della comunità pastorale di Monte Olimpino, Ponte Chiasso e Sagnino, ci racconta il coinvolgimento della comunità nell’accoglienza temporanea invernale di due persone senza dimora.
«Abbiamo identificato un luogo accogliente nella struttura dell’oratorio di Sagnino – dice don Lele – dove sono le aule del catechismo. Con l’aiuto di alcuni parrocchiani a novembre abbiamo allestito una stanza con due letti e un armadio. Inoltre è disponibile un bagno con doccia. Così dal 1° dicembre è iniziata l’accoglienza di Mounir e Noureddine, due persone marocchine di circa 40 anni che dormivano in strada. Circa una ventina di volontari, provenienti dalle tre parrocchie, si occupano dell’accoglienza serale alle 20 (con un triage d’ingresso che prevede il rispetto delle normative anti-Covid) e dell’uscita mattutina alle 8. Durante la notte non è prevista alcuna presenza. Nelle comunità c’è molta sensibilità e confido in altri volontari con la voglia di mettersi in gioco». in questa esperienza che è soltanto all’inizio. Ma è un buon inizio».

QUI TAVERNOLA

«Abbiamo accolto questa proposta fatta da “Porta Aperta” della Caritas diocesana di Como con grande entusiasmo, anche perché nella nostra comunità già da una decina di anni si fanno esperienze di “buon vicinato” soprattutto nei confronti delle persone in difficoltà economica. Così dopo aver consultato anche il consiglio pastorale nello scorso ottobre (che ha dato parere positivo unanime), si sono trovati alcuni spazi nello spogliatoio del campo sportivo dell’oratorio di via Tibaldi, resi accoglienti dopo alcuni piccoli lavori, e dal 30 novembre è partito anche da noi il Progetto Betlemme». Don Roberto Bartesaghi, parroco di Tavernola, non nasconde la sua soddisfazione raccontandoci l’adesione della sua comunità all’accoglienza diffusa promossa da Caritas. «Dal 30 novembre scorso – dice ancora don Roberto – sono così accolti Sergio, un italiano di circa 50 anni, e Didar, una persona irachena di 35 con permesso di soggiorno. Prima di venire da noi dormivano sotto il portico della basilica del Crocifisso in viale Varese. Circa 50 volontari sono coinvolti nel progetto. In loro c’è la consapevolezza di rendere un servizio utile a queste persone e alla stessa comunità che dimostra sensibilità e condivisione».

QUI SANT’AGATA

Don Daniele Maola è parroco della comunità pastorale “Santi della carità” che comprende le parrocchie di Sant’Agata, Sant’Orsola e Garzola. Nella sua comunità, dall’inverno 2019-2020 è attiva “Casa Bartimeo”, l’esperienza di accoglienza comunitaria in alcuni spazi della casa parrocchiale di Sant’Agata, che possiamo considerare il vero e proprio apripista del Progetto Betlemme, di cui oggi fa parte a pieno titolo. «“Casa Bartimeo” dimostra che l’accoglienza nelle nostre parrocchie è possibile – afferma don Daniele – Per far questo è necessaria un’incessante opera di sensibilizzazione, che da noi è partita dal piano pastorale “Con Cristo nella Chiesa per accogliere e servire”. Con il tempo la comunità si è messa in ascolto delle necessità del territorio, si è coinvolta e ha realizzato un’opera concreta di solidarietà e di accoglienza, che è diventata un’opportunità di crescita per tutti. Tra noi non ci sono soltanto “anonimi” senza dimora – oggi ci sono due italiani (Angelo e Sergio), un egiziano (Ali) e un tunisino (Ahmed)- ma , persone che si sentono accolte e che sono in quotidiana relazione con gli stessi parrocchiani. Certo, la pandemia ha stravolto le nostre vite e condizionato anche questa bella esperienza, ma non ci siamo fermati e guardiamo avanti con fiducia. Un grazie particolare a Caritas che sin dall’inizio ci ha sostenuto». e grazie ai miei parrocchiani – una sessantina, uomini, donne, giovani – che ogni giorno dedicano tempo e cuore a questo progetto».

 

“Casa Bartimeo” è la bella esperienza che ha fatto da apripista al “Progetto Betlemme”, di cui oggi fa parte a pieno titolo.
Anna, storica volontaria della comunità pastorale “Santi della Carità”, testimonia in queste righe, che volentieri pubblichiamo, la nascita e gli sviluppi del progetto “Casa Bartimeo”.

«Dal giugno 2018, tre parrocchie del nostro territorio (Sant’Agata, Sant’Orsola e Ss. Trinità di Garzola) sono state unite in un’unica comunità pastorale, poi denominata “Santi della Carità”, guidata dal parroco don Daniele Maola.

Dopo qualche difficoltà iniziale, in vista dell’anno pastorale che stava per cominciare, don Daniele ha proposto un cammino che fosse comune alle tre parrocchie e che traesse spunto dal nome che la comunità stessa aveva scelto per sé, individuato nella frase “Nella Chiesa con Gesù, per accogliere e servire”. L’intento era quello di stimolare l’unità dei fedeli a valorizzare due temi fondamentali: l’accoglienza e il servizio.

Con l’aiuto del gruppo Carità, espressione caritativa della neonata comunità pastorale, al quale partecipano rappresentanti delle tre realtà parrocchiali, si è cercato di formulare una proposta forte che impegnasse tutti e che caratterizzasse la vita futura della comunità stessa.
Si è valutato anche che per attuare qualcosa di importante è sempre necessaria una preparazione. Nel nostro caso si è ritenuto necessario costruire insieme una cultura della carità, attraverso incontri formativi rivolti a tutti: un percorso che facesse nascere il desiderio di farsi servitori nello spirito del Vangelo, per poi maturare in noi quella consapevolezza che permette di vedere nel fratello il volto di Cristo. Un percorso dunque che, libero da vincoli di appartenenza, potesse attuare in noi quel cambiamento culturale e spirituale che porta a vivere la carità come puro gesto d’amore.
Al termine di questo cammino, analizzando risorse e intercettando bisogni, si è pensato di realizzare un’opera segno del percorso fatto.
Con queste premesse, tra l’estate e l’autunno 2019, dopo aver valutato la disponibilità di spazi nelle tre parrocchie, le necessità del territorio e le risorse disponibili, abbiamo deciso di intraprendere un servizio di accoglienza notturna destinata a persone senza dimora.

La piccola cucina di Casa Bartimeo

Nasce così “Casa Bartimeo”, un piccolo dormitorio che, viste le caratteristiche dei locali, poteva e può accogliere 4-5 persone durante il periodo dell’emergenza freddo.
Nell’attuazione del nostro progetto si è anche tenuta in considerazione la sollecitazione della Caritas diocesana per la realizzazione di accoglienze diffuse, più funzionali a un possibile reinserimento di persone svantaggiate.
Pertanto, i nostri ospiti sono segnalati dal servizio “Porta Aperta”, ma l’accoglienza è gestita in autonomia dalla comunità pastorale.

Tutta la comunità ha risposto in modo generoso all’iniziativa.
È stato necessario sistemare i locali, raccogliere biancheria per la casa, prodotti per la pulizia, per l’igiene personale e per la prima colazione e, soprattutto, è stato importante creare una rete di volontari che coprissero i turni dell’accoglienza serale, della notte, della colazione, della lavanderia, e così via.
Si è così creato un gruppo di circa 50 persone che, in modo diverso, hanno partecipato alla cura dei nostri fratelli, trasformando un semplice tetto per la notte in una vera e propria famiglia in grado di accogliere e accudire.
Purtroppo, con l’arrivo della pandemia e a causa delle restrizioni adottate per il contenimento della diffusione del virus, si sono dovuti sospendere i turni dei volontari all’interno della casa ed è stata lasciata loro l’autogestione, in accordo con “Porta Aperta”.

Il locale con due letti di Casa Bartimeo

Tuttavia i rapporti costruiti non si sono mai interrotti, né tra i volontari e gli ospiti né tra i volontari stessi, che sono sempre stati aggiornati sulle necessità e che regolarmente si incontravano tramite una piattaforma online.
Visto il perdurare della pandemia, si è deciso di prolungare l’accoglienza fino alla primavera 2021. Questa opera ha permesso a tutta la comunità pastorale “Santi della Carità” di procedere insieme verso un obiettivo comune e ha donato a ciascuno di noi la grazia di un incontro quotidiano con i nostri fratelli in difficoltà, con le loro ricchezze e povertà, con le loro storie e i loro bisogni».

Anna, volontaria

 

Il progetto originale del piccolo dormitorio “Casa-Bartimeo”


Il “Progetto Betlemme” raccontato sul “Settimanale” del 24 dicembre 2020

 

 

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