31 marzo 2015 – La Chiesa italiana celebrerà a Firenze il prossimo novembre il suo quinto Convegno Ecclesiale. È un appuntamento importante che ci potrà aiutare a collocare l’operato della nostra Chiesa mettendo al centro la figura di Gesù Cristo non semplicemente per quel che riguarda tutto ciò che è inerente al cammino della Chiesa come istituzione, ma anche e soprattutto per tutto ciò che è autenticamente umano.
È la figura umana di Cristo, riscoperta nella sua ricchezza, che ci permetterà di aprire un dialogo con le diverse culture, con il modo diverso di intendere i valori della vita; e tutto ciò ci potrà dare indirizzi costruttivi per conoscere e per accogliere l’uomo di oggi così come è, riconoscendolo come valore e non come problema da risolvere.
C’è il rischio che questa tematica così importante, e che sta impegnando la Chiesa italiana in questo decennio, resti relegata all’interno di gruppi culturali di associazioni o diventi soggetto di ricerche approfondite che poi ci daranno delle ricette di comportamento, ma in tutto questo percorso lasceranno fuori il soggetto di cui si ragiona, l’uomo contemporaneo nella sua quotidianità.
Credo che sia nostro dovere di Caritas inoltrarci in questo progetto per due motivi.
Il primo è che noi abbiamo una ricchezza che ci è donata dalla nostra operatività e abbiamo il dovere di condividerla; questa ricchezza ce la consegna una parte importante di questo nuovo umanesimo, quello che abita le periferie non solo geografiche ma esistenziali.
Il secondo è quello di aiutare la nostra Chiesa diocesana ad avere più coraggio nell’incamminarsi in questa strada che è sì faticosa ma che sicuramente se percorsa la porterà a conoscere a fondo e a condividere la vita di tanti uomini e donne che abitano il nostro territorio e che si aspettano dalla nostra Chiesa non solo aiuti materiali, ma soprattutto una condivisione dei valori che permettano loro di trovare delle risposte credibili ai problemi esistenziali della loro vita.
Dalla esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” possiamo ricavare le tracce del percorso che potremmo intraprendere; cerco in questo momento di elencarle e credo che potranno essere frutto di confronto, di scambio di esperienze, di proposte per un cammino che possa aiutare l’umanità di oggi a ritrovare il senso vero dell’esperienza umana. Sono cinque i verbi che ci vengono indicati: Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare.
E per ognuno di questi verbi possiamo farci alcune domande che ci aiutano nel discernimento.
La nostra comunità cristiana come sta rivedendo la propria forma per essere comunità che annuncia il Vangelo?
La nostra Diocesi ha sempre avuto una grande tradizione caritativa e missionaria, possiamo ricordare due figure emblematiche dell’inizio del secolo scorso, mons. Scalabrini e don Guanella. Alla luce di questo noi oggi come potremmo ridisegnare questo impegno di evangelizzazione in queste due dimensioni di carità e di missionarietà?
Il Papa ci indica in modo inequivocabile quale è la nostra priorità nell’incominciare questo cammino, dobbiamo sapere ripartire dagli ultimi. Chi sono gli ultimi tra di noi?
Vi invito a incominciare ad affrontare le situazioni di vita che ci si presentano riflettendo su questi cinque verbi ed è questo cammino di riflessione e di revisione personale e delle nostre Caritas che ci aiuterà a vedere dentro le pieghe e le piaghe della storia umana.
Non basta vedere, conoscere; bisogna anche saper agire; allora sarà nostro compito seminare il seme della speranza che porterà a rendere concreta e tangibile la possibilità di un futuro in cui la storia degli uomini, di tutti gli uomini, potrà contribuire alla costruzione di questa umanità nuova di cui Cristo con la sua vita si è fatto garante.
Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como
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