Dal 20 novembre il Progetto Betlemme si rinnova a Sondrio nei locali dell’oratorio Angelo Custode (nella foto sopra).
I volontari sono 42. Gli ospiti accolti sono 4: Mahad, somalo di 31 anni; Fabrizio di 58 anni italiano; Ignazio di anni 59 italiano; Abdul Aziz di 39 anni senegalese.

Gli ospiti del Progetto Betlemme di Sondrio. Da sinistra, Ignazio, Farah e Fabrizio

Ecco la testimonianza di Lucia, Gabriella e Sergio, volontari impegnati nell’accoglienza di quest’anno.

5 marzo 2024 – «Anni fa io e la mia famiglia in un paio di occasioni abbiamo ospitato per alcuni mesi una persona senzatetto in un locale al piano terreno della nostra casa. Entrambe le volte era stata una nostra iniziativa, fatta di slancio di fronte a una necessità che avevamo intercettato per caso, ma che aveva mostrato parecchi limiti per i problemi di “convivenza” che ne erano derivati.

Quella esperienza mi aveva fatto toccare con mano che chi vive per strada porta il carico di una storia, a volte anche per sua responsabilità, e soffre di tante povertà, di cui quella materiale è il problema minore. Ma mi aveva anche fatto capire che, al di là di un istintivo “buon cuore”, cercare di dare un aiuto a chi vive per strada è un’azione che non si improvvisa e soprattutto che non si può fare da soli.
Perciò, quando ormai due anni fa, ho iniziato a vedere persone che dormivano per strada in giro per Sondrio, cosa prima mai accaduta, mi sono sentita interpellata ma al tempo stesso impotente: cosa potevo fare? Sentivo nel cuore il desiderio di “fare qualcosa” ma sapevo che da sola non avrei potuto fare nulla. E proprio allora ho sentito don Christian lanciare l’idea del dormitorio, chiedendo di dare una mano. Era la risposta al mio desiderio! Così ho accolto con gioia l’invito del nostro parroco e ho iniziato subito a collaborare al Progetto Betlemme.
Di questa realtà voglio sottolineare alcuni aspetti.
Ho trovato davvero preziose l’esperienza e la professionalità di Monia e Loris, operatori a Sondrio della Caritas diocesana, che hanno saputo formare e guidare un gruppo di “non addetti ai lavori” come noi in un mondo per lo più sconosciuto.

Non nascondo che inizialmente mi sono trovata a volte non in linea rispetto ad alcune “rigidità”, ma poi ho sempre apprezzato la chiarezza quando ci veniva spiegato con pazienza i motivi di tante scelte, l’ottica educativa nei confronti delle persone assistite e anche l’attenzione volta a tutelare noi volontari.
In generale ciò che ho trovato e trovo meraviglioso è il coinvolgimento di un gruppo di persone come noi, una piccola comunità che aiuta, che vuole bene, che tende la mano alle persone più fragili, condividendo preoccupazioni (penso a quando un ospite si è ammalato) e piccole gioie (penso al panettone mangiato insieme la sera di Natale) e cercando di non giudicare mai, nel rispetto del mistero dell’altro, per quanto a volte sgradevole sia.
Penso che il senso vero del Progetto Betlemme non è, genericamente e asetticamente, quello di “fornire un servizio” a persone senza fissa dimora, cioè di “organizzare una macchina” per dare un letto in un ambiente caldo e protetto, bensì quello più profondo di entrare in relazione con chi è in difficoltà, ridurre il senso di isolamento, dare dignità affinché ciascuno si senta parte di una stessa umanità».

Lucia, volontaria

«Ho deciso di fare volontariato per il Progetto Betlemme, poiché provare ad aiutare persone fragili e in difficoltà è ciò che da anni cerco di fare, dedicando un po’ delle mie risorse fisiche e di pensiero a queste situazioni che sono sempre più evidenti. I senza tetto sono presenti sul nostro territorio – anche se non da molto tempo – e al momento sono in numero abbastanza contenuto.

Relazionarsi con loro non è sempre facile, per motivi diversi. Trovare delle soluzioni al problema è quasi impossibile. Questo non vuol dire tirarsi indietro, ma affrontare le situazioni che si presentano, coinvolgendo tutte le realtà del privato sociale e istituzionale attive, partendo dalla consapevolezza che non si è in grado di risolvere tutti i problemi che queste persone presentano.
A mio avviso si può provare ad alleviare qualche situazione mettendosi in ascolto dei senzatetto e accogliendoli nella nostra comunità, sospendendo ogni giudizio nei loro riguardi.

Il mio personale desiderio è che tutti insieme, senza vincoli di appartenenza, dobbiamo impegnarci a trovare anche nella nostra comunità sempre più luoghi accoglienti e di facile accesso per tutte quelle donne e quegli uomini che hanno bisogno di un alloggio e di un supporto per provare a uscire dalle situazioni difficili che stanno vivendo».

Gabriella, volontaria

«Ho vissuto nella mia vita diverse esperienze di volontariato sempre rivolte a persone in situazioni difficili, ma quella dei senzatetto è una realtà che mi era sconosciuta.
Si tratta di un’esperienza coinvolgente, che mi porta a riflettere su come la vita di ogni persona venga ipotecata da situazioni non sempre controllabili e che spesso vengono subite con conseguenze difficili da gestire.
Per uscire da determinati circoli viziosi ci vuole tanta forza e sicuramente l’aiuto di altri: questo penso sia il contributo che possiamo dare noi volontari, al di là di aprire la sera e chiudere al mattino un locale.

È un obiettivo grande, forse troppo per neofiti come noi, ma anche solo la volontà di provarci può essere di aiuto a qualcuno.
Nella mia piccola esperienza mi sono ritrovato a scorgere chiare possibilità di recupero da parte di alcuni ospiti del dormitorio e queste situazioni mi hanno sempre dato un grande slancio e una gran voglia di impegnarmi ancora di più: il poter aiutare qualcuno a dare una svolta migliorativa alla propria vita costituisce una gratificazione senza uguali.

Allo stesso tempo nei confronti di altri ospiti ho avuto la netta sensazione che il ritorno a una vita “migliore” sia una eventualità molto remota, per non dire esclusa; anche nei confronti di queste persone, però, vedo chiaramente l’utilità che può dare il nostro contributo per fare in modo che le loro giornate siano comunque migliori e caratterizzate dalla consapevolezza che c’è qualcuno a cui stanno a cuore e che, in una certa misura, è loro affezionato.

Quando mi capita di fare un giro per il centro, non è raro che mi venga voglia di deviare il mio percorso per passare dove so che i senzatetto trascorrono le giornate e scambiare qualche battuta con loro o fare qualche raccomandazione (che forse non verrà presa in considerazione, ma che mi piace comunque fare).
Uno dei compiti di noi volontari credo sia anche quello di divulgare notizie sul servizio che si sta fornendo sperando, intanto, di allargare il gruppo, ma soprattutto con lo scopo di far conoscere queste realtà non con la solita visione di denuncia e condanna, bensì cercando di portare alla luce le difficoltà che caratterizzano queste vite e sensibilizzare sul fatto che non si può restare indifferenti: quello che la vita dà a molti più fortunati non è scontato, chi queste fortune non le ha avute merita tutto il sostegno possibile.
Infine, vorrei sottolineare che l’impegno di noi volontari dovrebbe essere assolutamente gratuito, lontano dalla ricerca di una gratificazione che vada oltre alla soddisfazione personale che deriva dalla consapevolezza che stiamo aiutando, come possiamo, altre persone: la ricerca di approvazione o complimenti dalla collettività non dovrebbe essere una delle leve che ci spinge a continuare in questo nostro impegno».

Sergio, volontario

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