13 ottobre 2014 – L’ottantesimo anniversario della posa della Croce sul monte omonimo che “guarda” la città di Como è stata l’occasione per promuovere il 30 settembre scorso un significativo evento curato dall’Azione cattolica diocesana, a cui ha partecipato anche Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como. Di seguito pubblichiamo una sintesi del suo intervento svolto nella serata, con il pellegrinaggio sul monte e culminata con la “Veglia della croce” nella chiesa parrocchiale di Prestino.
«Mi sembra importante condividere con voi questa riflessione che parte da una mia esperienza personale. Credo che un’assemblea come questa – che è momento vero di Chiesa – sia il luogo ideale per condividere esperienze di vita che possono aiutare a dare la giusta misura del nostro ritrovarci come popolo accanto a Lui. L’atteggiamento che dobbiamo tenere oggi ritrovandoci attorno a questa Croce, che compie 80 anni, non deve essere certamente quello della nostalgia, ma della concretezza del tempo in cui viviamo.
Per me il luogo dove è posta questa Croce è diventato negli anni una meta da raggiungere nei momenti bui e faticosi della mia vita, quando intuisci che non ce la fai più, quando pensi che il tuo agire sia inutile o solo legato a delle azioni materiali, quando incominci a dubitare della bontà del Signore e della sua centralità nella concretezza della vita. Allora è il momento di fermarti e di guardarti dentro, del chiederti se ha senso tutto quello che faccio.
La Croce e il suo monte, quindi, sono diventati per me nel corso degli anni ancora di salvezza e risposta alle mie domande.
C’è tutta la parte di cammino e di avvicinamento che, se fatta a piedi nel bosco, ti isola dalla città, ti nasconde dalle distrazioni, ti fa depositare il fardello delle fatiche e, un po’ alla volta, ti fa ritrovare te stesso, ti dà il senso del tuo limite, ma ti mette anche in sintonia con la natura con la sua bellezza ma anche con la sua fragilità; dà il senso della storia, del rapporto con gli uomini.
Dopo questo andare meditativo che ti allontana un po’ dalle cose e ti riavvicina all’essenziale, c’è l’arrivo alla Croce che è sulla sommità del monte. Da lì ti si apre uno sguardo diverso sulla città e sul territorio, perdi la concezione del parziale e recuperi quella dell’insieme, riesci a collegare con una linea ideale i deversi luoghi della città, come quelli dediti alla politica, alla cura della persona, alla fede. Solo dall’alto ti rendi conto di come sono vicini anche se poi nella realtà alcune volte sono divisi da muri che sembrano invalicabili.
Tuttavia, manca qualcosa a questa Croce che è posta su Como e che come sentinella osserva il suo centro. Mi chiedo: cosa ci sta a fare una Croce senza Crocifisso? Poi guardando la città capisci, intuisci che il Crocifisso è qualcosa di vivo, è concreto, è l’umanità sofferente. Poveri disoccupati, ammalati senza dimora, profughi, persone che hanno perso la speranza. Questa Croce li vede nella loro quotidianità e con le sue braccia aperte li accoglie, ne diventa sostegno, ne dà visibilità al mondo.
E ci ricorda che è solo partendo da Lei e dall’accettazione di queste povertà, che tutte queste persone non sono più viste come peso, come zavorra, ma diventano patrimonio di tutta la comunità.
Possiamo allora intraprendere il cammino di ritorno nella città con la convinzione che, uniti e consapevoli di questo patrimonio, siamo pronti a mettere in gioco la nostra vita.
Questa è l’unica strada percorribile che ci permetterà di dare un futuro alla nostra città e alla nostra comunità ecclesiale».
Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como
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