Un giorno sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza. Veduta la loro fede, disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”.
Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: “Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Cosa andate ragionando nei vostri cuori? Che cosa è più facile dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico – esclamò rivolto al paralitico – àlzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio. Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”. Lc 5,17-26
Leggendo questo vangelo, oggi come allora, osserviamo che è un tempo estremamente complesso quello che l’umanità “è costretta” a vivere, dove perfino i malati devono essere “calati dal tetto” perché per loro non c’è posto. Nemmeno se vogliono arrivare a Gesù, cioè la risposta ai loro mali.
Tradotto in termini attuali, dovremmo dire che anche per i malati dei nostri giorni non c’è posto per essere curati, visti i tempi d’attesa per una visita anche nella regione più avanzata del nostro Paese…
Ma non c’è posto nemmeno per chi arriva stravolto sulle nostre coste e che fugge dai sistemi di morte del Sud del mondo.
Non c’è posto per la pace in molte aree del nostro pianeta. Non solo dilaniato e torturato dai cambiamenti climatici, ma anche devastato dall’orrore che le mille guerre a pezzi stanno causando sui campi, nei fiumi, nelle città abbattute. Non c’è posto per la vita per le migliaia di vittime, quasi interamente civili, donne e bambini in particolare, in questo tempo dominato dal “demonio” della violenza e dei conflitti armati.
Il problema è che a volte il “tetto” costituito dall’ipocrisia, dall’omertà della politica internazionale, dal silenzio dei colpevoli, dalla complicità dei trafficanti di morte, ma in fondo anche dalla nostra indifferenza, risulta davvero difficile da scardinare per aprire un pertugio, una feritoia alla verità, alla giustizia, alla riconciliazione, al perdono, all’accoglienza.
Quindi una prima considerazione rilancia alla mia e nostra responsabilità.
Di fronte all’inequità (cfr. Papa Francesco) del nostro tempo, da che parte sto io? Mi metto a osservare passivamente gli eventi come gli scribi e i farisei, giudicando e obiettando senza fare nulla per cambiare la situazione, anzi accusando chi si impegna di essere “sostenuto dal maligno”? Prendendo una posizione di comodo per la quale mi giudico non responsabile degli eventi e quindi giustificato a starmene in disparte? Possibile che spesso ci giustifichiamo su tutto dicendo che non abbiamo mezzi e opportunità per un cambiamento della situazione soprattutto a favore delle vittime innocenti?
Forse piccole risposte esistono.
Quando Gesù afferma che ha il potere di rimettere i peccati, sottolinea che è fondamentale che il nostro cuore – e quindi le nostre decisioni – si converta alla giustizia, alla pace, al rispetto per l’ambiente.
Ma chi ha il potere di consentire ciò è Colui che in primis dona la vita senza esitazione per amore! Traccia la strada del cambiamento: si siede in mezzo alla gente, la ascolta, la conosce, la istruisce perché ritrovi il sentiero smarrito, puntando fondamentalmente a relazioni profonde, autentiche, basate sulla stima e conoscenza reale.
Anche la Caritas diocesana di Como si chiede da che parte stare. Prima di tutto per essere fedele allo stile del Maestro.
Alla luce delle sfide solo accennate sopra, si pone l’obiettivo prima di tutto di provare a essere credibile e testimone di scelte concrete, che hanno la pretesa di essere piccole gemme di speranza, per ridonare un tocco di bellezza a questa storia.
Penso a come essere testimoni credibili in relazione alla promozione della pace.
È fondamentale dirsi apertamente contro la guerra e il traffico di armi, in modo chiaro. Ma poi provare a essere anche coerenti e, quindi, domandarsi se con i nostri soldi non siamo anche noi complici di mercati di morte, magari inconsapevolmente.
La campagna www.banchearmate.org propone annualmente la lista delle banche che finanziano e sostengono il commercio di armi. Non sarebbe credibile pensare e cercare la pace e poi non volere sapere, ad esempio, se la propria banca sostiene percorsi che portano ad alimentare conflitti in quei territori magari presso i quali cerchiamo di sostenere progetti di sviluppo con la cooperazione internazionale a favore dei bambini colpiti dalla guerra, solo per fare un esempio.
Per questo una parte dei conti della Caritas diocesana sono stati stipulati con una banca che nel proprio statuto vieta ogni tipo di relazione con enti e agenzie che lavorano nel settore del commercio di armi (www.bancaetica.it).
Piccolo ma concreto passo verso la pace.
Da qualche mese, la Caritas diocesana ha deciso di investire in modo più sostenibile nella salvaguardia dell’ambiente. Perciò ha voluto stipulare nuovi contratti di fornitura di energia elettrica con una cooperativa che non solo distribuisce energia generata al 100% da fonti rinnovabili e sostenibili, ma difende e promuove solo siti di produzione che garantiscono tutela e salvaguardia dell’ambiente, chiamando alla corresponsabilità i soci della stessa cooperativa (cfr. www.enostra.it).
Piccolo ma concreto passo verso la tutela dell’ambiente.
Nel brano di Luca si dice che sia un gruppetto di persone a calare il paralitico dal tetto. Ovvero, c’è una comunità che si fa carico della sofferenza dell’altro.
È uno stile che la Caritas diocesana di Como fa suo come stile all’interno delle proprie strutture, ma anche nelle proposte pastorali sul territorio.
Le sfide della storia, piccole e grandi che siano, si affrontano sempre insieme, come comunità e Chiesa con le porte aperte, missionaria.
Per questo periodicamente gli operatori e volontari si radunano attorno alla PAROLA, mettendosi in ascolto della voce del Risorto; si lasciano interpellare dalle questioni sollevate dagli ULTIMI cercando di renderli protagonisti del cambiamento che porti a loro maggiore dignità; cercano di offrirsi spazi di attività e servizio aperti alla CREATIVITÀ E GENERATIVITÀ, con particolare attenzione alle nuove generazioni.
La Caritas diocesana di Como crede fortemente nel cambiamento che parte dal basso e che sia fondamentalmente partecipativo per sognare insieme il BENE COMUNE, diritto e dono per tutti.
Piccoli ma concreti passi per credere in una Chiesa partecipativa, ministeriale e missionaria.
Allora è tempo per offrirsi opportunità per poter aprire lo sguardo e “assistere a cose prodigiose”, ma che hanno la loro origine in scelte quotidiane e potenzialmente alla portata di tutti.
Senza l’intraprendenza degli amici del paralitico non avremmo potuto raccogliere la testimonianza del prodigio che si compie, grazie allo sguardo misericordioso di Gesù e contro l’arroganza ipocrita degli scribi e farisei. I quali oggi, pur con nomi differenti, sono ben presenti nel nostro mondo.
Ma anche lì, riconosciamo che quei piccoli gesti di creatività, hanno generato passi concreti verso la “guarigione” di tutta la comunità. Verso il paralitico, che presa la sua barella sarà andato a raccontare quanto gli fosse successo, diventando di fatto missionario e testimone. Verso il gruppetto degli amici, che scoprono la straordinaria efficacia del lavoro d’équipe, sinodale e tessuto di alleanze. Verso il gruppo dei discepoli che impara dal Maestro l’efficacia pastorale di promuovere dal basso il bene comune, all’interno di una comunità coinvolgendo le persone, secondo lo stile sinodale a cui la nostra Chiesa fa continuamente riferimento.
Certo piccoli passi, piccole scelte. Ma che se messi tutti insieme fanno la differenza!
Rossano Breda, direttore della Caritas diocesana di Como
La Campagna di pressione alle “banche armate”
La Campagna di pressione alle “banche armate” è stata promossa nel gennaio del 2000 da tre riviste (Missione Oggi dei Missionari Saveriani, Nigrizia dei Missionari Comboniani e Mosaico di Pace della sezione italiana del movimento internazionale Pax Christi) e dal 2020 è co-promossa dalla rivista del Movimento nonviolento Azione Nonviolenta e dal sito Osservatorio Diritti. La Campagna è nata per informare riguardo alle attività degli Istituti di credito, italiani ed esteri, nel settore dell’esportazione italiana di armamenti e per offrire alle associazioni e ai cittadini un modo concreto per indurre la banca presso cui sono correntisti a non finanziare la produzione e la commercializzazione di armamenti e di armi comuni o, per lo meno, a definire delle direttive per autoregolamentare in modo rigoroso le attività finanziarie in questi settori.
Qui sotto è possibile leggere e scaricare il recente comunicato stampa diffuso dai promotori per contrastare l’iniziativa del Governo italiano che intende cancellare la lista delle “banche armate” attraverso un disegno di legge.
Leggi il comunicato
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