A margine dell’Assemblea generale della Caritas, svoltasi a Delebio il 27 maggio scorso, don Augusto Bormolini, vicedirettore della Caritas diocesana di Como per la provincia di Sondrio, traccia un bilancio di questi 5o anni di attività sul territorio
Ma la Caritas ha solo cinquant’anni? Certo che no! La Caritas ha radici antichissime: le troviamo in Dio… quindi Caritas proviene dall’eternità: Deus Caritas est! Le radici remote di Caritas le abbiamo nelle Sacre Scritture: Primo e Secondo testamento che sottolineano la Caritas di Dio per il suo popolo e la rivelazione umana, incarnata di questa Caritas nella vita, nelle parole, nelle azioni e nei sentimenti di Gesù.
Le radice storiche di Caritas sono poi innervate in tutta la storia della Chiesa, nella vita di uomini e di donne: i santi e le sante della carità.
Ci sono poi radici prossime che hanno dato vita alla Caritas. Tra queste certamente il magistero del Vaticano II che – anche se non ha un documento specifico sulla Caritas – implicitamente ne troviamo accenni in tutti i testi, il più esplicito dei quali è il proemio della Gaudium et Spes che bisognerebbe continuare a rileggere, meditare e praticare perché non restino solo parole. Certamente il Concilio ha stimolato la Cei a emanare nel luglio del 1971 la Statuto di Caritas Italiana. Anche la nostra Diocesi – tra le prime in Italia – fonda la Caritas nel 1973. Ecco il motivo dei 50 anni. Primo direttore è stato don Plinio Bottinelli. Queste alcune radici oggettive di Caritas.
Posso accennare ora ad alcune radici soggettive. L’esempio di don Franco Falciola ha stimolato alcuni di noi seminaristi a recarci alcune sere la settimana a cenare insieme con i barboni dell’Ozanam di via Napoleona a Como e a intrattenersi a dialogare con loro.
La lettura in quegli anni di testimonianze e di vari diari di preti operai francesi e italiani ha fatto nascere nel sottoscritto, in Franco Riva ora fra Ginepro abate di Tamiè, in don Marco Folladori e nel compianto don Riccardo Pensa il desiderio di fare una esperienza estiva di tre mesi di manovalanza edile in una ditta svizzera che operava al passo del Maloja.
La conoscenza della vita e delle opere di don Lorenzo Milani (nato proprio il 27 maggio di 100 anni fa), non conosciuto in seminario, ma presentatomi dall’amico don Paolo Trussoni, è stato un altro forte stimolo ad avere particolare attenzione verso il mondo dei più poveri.
L’incontro in un Convegno Caritas a Caravaggio con il responsabile del Prado Italiano don Roberto Reghellin ha fatto sì che anche nella nostra diocesi ci si incontrasse sistematicamente con preti amici per approfondire e cercare di praticare la spiritualità del Beato Antonio Chevrier diffusa in Italia nel post concilio dall’unico vescovo operaio mons. Alfred Ancel.
Ma sono i fatti della vita e della storia “provvidenziali” che ti fanno avvicinare al mondo Caritas. Tra questi penso soprattutto all’alluvione del luglio 1987 in Valtartano dove ero parroco. Furono travolte e uccise tragicamente 21 persone e pochi giorni dopo altre 18 a Sant’Antonio Morignone.
Penso anche all’incontro con profughi albanesi e libanesi negli anni seguenti su stimolo di don Renzo Scapolo e anche alla guerra nei Balcani che ha fatto nascere un nostro gemellaggio con la diocesi di Hvar in Croazia.
C’è stata poi l’alluvione in Piemonte nel 1994 che ha suscitato un grande impegno di volontariato anche tra i valtellinesi per soccorrere quelle popolazioni nel disagio, proprio perché ci si ricordava del prezioso aiuto ricevuto nell’87.
E tanti altri fatti il cui elenco sarebbe troppo lungo.
Tutto questo “agire” ci ha fatto capire però che “il bene va fatto bene” e quindi si è evidenziata la necessità della formazione e di dare anche un metodo “istituzionale” a Caritas. Provocati anche dai Convegni decennali della Chiesa italiana la nostra Diocesi, su spinta del nuovo direttore don Battista Galli, ha lavorato per far nascere i Centri di Ascolto e di Aiuto dei Poveri, dei quali 5 sono sorti in Valtellina: prima a Sondrio, poi a Morbegno, Tirano, Chiavenna e Bormio.
Negli anni ’90 a livello interzonale (oggi si direbbe intervicariale) in Bassa Valtellina, Valchiavenna e Tre Pievi si sono organizzati dei corsi (anche residenziali) per dare una formazione ai giovani. Ricordo in particolare “Giovani in carità” e “Tendiamo alla carità”.
I problemi e i bisogni, cui Caritas cerca di intervenire per alleviarli, non li inventa: li presenta di volta in volta la vita delle persone e delle comunità. Per esempio, in Valtellina si è rivelato notevole il fenomeno del suicidio e, pertanto, si è fatto un approfondito studio del problema con una ricerca meticolosa guidata dal sociologo Aldo Bonomi. Il risultato è stato pubblicato con il titolo “Malaombra”. Altro problema in cui i valtellinesi incappano facilmente è l’azzardopatia, che è stata analizzata con l’aiuto della Cooperativa contro le gravi emarginazioni.
In questi ultimi tempi il fenomeno emergente è quello dei migranti. Ai “tradizionali” si sono aggiunti anche quelli causati dalla guerra in Ucraina.
Su questo problema si è prodigato fino alla morte il direttore diacono Roberto Bernasconi. Per questo nasce anche in Valtellina (come già a Como) la Cooperativa “Altra Via” che dal 2016 opera in questo settore e anche in altre attività di carattere sociale.
Il lavoro fatto è tanto, ma tanto rimane ancora da fare.
Ecco a titolo esemplificativo alcuni impegni che ci restano da attuare: per prima cosa occorre che le nostre comunità (parrocchie e Comuni) siano più aperte a una migliore accoglienza di chi ha bisogno di case. Le persone utilizzate per il lavoro hanno bisogno anche di un tetto. Purtroppo abbiamo tante case senza gente e tanta gente senza case.
La carità non deve essere opera di pochi nella comunità, ma impegno che investe tutti secondo le proprie capacità e competenze. Ma prima di fare carità, bisogna essere carità.
La Caritas parrocchiale deve essere solo l’antenna, “il motorino d’avviamento” del motore caritativo dell’intera comunità.
Caritas è organismo pastorale della Chiesa. Ciò significa che bisogna collaborare in simbiosi o in osmosi con gli altri organismi pastorali che sono soprattutto la catechesi e la liturgia. L’amore di Dio annunciato e celebrato va anche testimoniato nella concretezza della vita.
Le povertà non sono solo materiali: bisogna avere sguardo e cuore attenti a tante solitudini, a tante sofferenze relazionali, a diffondere quella solidarietà di base fatta anche di piccoli gesti, ma molto preziosi, che rendono più umana e fraterna la nostra vita.
Che in fondo è quello che ha fatto Gesù e voleva che facessimo anche noi.
Don Augusto Bormolini, vicedirettore per la provincia di Sondrio della Caritas diocesana
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