“Ho udito il grifo del mio popolo e sono sceso a liberarlo” (Es, 3)
Padre Alex, considerato da molti prete scomodo di periferia, è un uomo che non solo vive ciò che narra; ma lui prima di tutto crede fortemente nel progetto di giustizia del Regno che passa attraverso scelte concrete che hanno a che fare con la nostra quotidianità.
Nella sua testimonianza a Sagnino, lo scorso 8 aprile, ha ribadito più volte, soprattutto rivolgendosi ai giovani presenti (futuro e speranza della nostra società), che non c’è fede senza opere; che non c’è testimonianza senza presa di posizione; che non c’è Regno se non si pratica la giustizia. Con particolare riguardo agli esclusi ed impoveriti dal sistema economico e finanziario che sta escludendo e uccidendo milioni di persone.
Alex ricordava come ogni ingiustizia ha una causa ben precisa. Vicina o lontana che sia. Ed oggi, nessuno può dire “non sapevo”! A questo riguardo, un suo riferimento a quanto sta accadendo in Libia, con scontri e violenze tra le varie fazioni, rimanda a responsabilità ben precise da parte dei Paesi occidentali, che cercano di mantenere proficui i loro interessi in questo luogo martoriato. Non dimenticando di ricordare anche la situazione di migliaia di migranti rinchiusi nei lager gestiti dai trafficanti di persone.
In questo sguardo di grande lungimiranza profetica, non sono mancati riferimenti espliciti a scelte concrete e praticabili nel nostro vivere quotidiano.
La questione informazione. Oggi possiamo aggiornarci in tempo reale attraverso gli strumenti tecnologici come mai prima è stato possibile. Proprio i giovani possono essere testimoni privilegiati dei fenomeni descritti nella conferenza e soprattutto attori della trasformazione. C’è stato un invito esplicito ai giovani presenti: siate protagonisti del cambiamento informandovi e formandovi in modo critico e approfondito. Non possiamo girare lo sguardo e pensare che i temi della giustizia, dell’equa distribuzione delle ricchezze, del commercio di armi, dello sfruttamento incontrollato delle risorse, non siano argomenti che non ci interessano.
Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i poveri. (LS, n. 158)
La questione stili di vita. La scelta per il bene comune, come valore condiviso per un benessere diffuso per tutti, significa che le nostre azioni debbano essere sostenute dal principio fondamentale della gratuità. Abbiamo ricevuto la vita, in questo pianeta, dentro un contesto relazionale, senza merito e scelta. Allora l’uso del tempo, del denaro, il valore delle relazioni interpersonali, il rispetto della natura, hanno il senso di guidare il nostro cammino verso la realizzazione di una realtà dove i valori della pace, della salvaguardia del creato, della giustizia che rispetta i dritti di tutti, son davvero fondamento della nostra socialità. Chiedere alle nostre banche che uso fanno del denaro (commercio di armi, speculazione finanziaria, ecc.), e cambiare conto corrente se non rispettano principi di equità e giustizia possono essere azioni “forti” controcorrente e potenziali spinte al cambiamento.
L’atteggiamento di essere persone non-violente. E’ la scelta di vivere il quotidiano secondo lo stile di Gesù di Nazareth. Attenzione ai deboli. Condivisione fraterna. Frequentazioni delle persone con un atteggiamento misericordioso e benevolente. Si tratta di una nuova narrazione: mettere al centro pensieri ed azioni che costruiscano reti positive che vedano nell’altro un fratello/sorella in cammino con noi, e non un avversario da sopraffare.
Avere l’umiltà di imparare dagli altri, dai più deboli, perché nella logica del Regno sono la mitezza, la debolezza, la bellezza che cambiano radicalmente la prospettiva. Proprio frequentando poveri, abbandonati, miserabili, p. Alex ci ricordava che il suo cuore si è lasciato “convertire”. Solo incontrando, spezzando il pane, abbattendo l’orgoglio, “camminare nelle scarpe dell’altro”, facciamo l’esperienza che è possibile credere nell’umanità che condivide e cammina insieme verso un orizzonte condiviso.
Non solo riflessioni e provocazioni, quindi, da parte di p. Alex. Ma azioni concrete, strade di non violenza attiva, partecipazione dal basso, per un movimento trasformatore che metta al centro la persone, in particolare la più debole ed esclusa, per camminare e sperare insieme. Azioni e scelte non più rimandabili.
Rossano Breda
referente area pastorale della Caritas diocesana
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