21 gennaio 2013 – Tempo di campagna elettorale. Tempo di elezioni politiche a livello regionale e nazionale.
Giungiamo a questo appuntamento con le urne un po’ frastornati: per l’ennesima volta assistiamo a una feroce battaglia verbale per la conquista di questo o quel seggio, la retorica nei comizi è sempre “contro” l’avversario e mai “per” aiutare noi cittadini a capire programmi, scelte, prospettive.
Insomma, gli attori del teatrino della politica continuano il loro show come già è avvenuto in passato, senza preoccuparsi di aver stancato la maggior parte degli elettori e di alimentare la deprecabile tentazione all’astensionismo dettato da nausea e confusione.
Nausea e confusione che, alimentate dalla crisi, dall’incertezza e dalle difficoltà quotidiane, portano a rigettare la stessa politica, il nostro diritto/dovere di eleggere chi ci deve rappresentare e, quindi, a “buttare via” la possibilità di essere protagonisti – nonostante tutto – del cambiamento della società.
A tutto ciò, ovviamente, occorre reagire evitando le derive qualunquiste, che non aiutano certo a risolvere i problemi, ed essere il più possibile propositivi dando un contributo alla riflessione generale.
L’auspicio è che, innanzitutto, si faccia un “salto di qualità” nel dibattito politico e si abbia la capacità e il coraggio di mettere finalmente al centro l’uomo e il valore del bene comune. Non soltanto a parole, ma a livello di programma e di future decisioni legislative.
Chi ogni giorno è sul fronte delle emergenze ed è impegnato ad aiutare il prossimo in difficoltà non può non sollecitare, inoltre, una maggiore attenzione verso le persone che in questi anni hanno pagato maggiormente le devastanti conseguenze della crisi economica. Sono i padri di famiglia che hanno perso il lavoro, sono gli anziani soli o con una pensione insufficiente, sono i giovani senza occupazione, sono le persone divorziate o separate senza più risorse, sono le famiglie sfrattate, sono gli stranieri in fuga dalle guerre, sono le persone malate o disabili, sono i senza dimora…
Mettere ai primi posti nell’agenda dei partiti questi problemi significa ridare senso e valore alla stessa azione di chi vuole impegnarsi in politica in prima persona. Soltanto ripartendo dai bisogni della gente si può accorciare quel divario tra istituzioni e società civile che negli ultimi anni è divenuto sempre più ampio.
L’uomo al centro dell’azione politica, si diceva.
Ebbene, ciò significa anche saper rinunciare agli interessi particolari e porre l’attenzione ai temi di carattere generale. E ciò vale non solo per l’intera nazione, ma anche per il territorio della nostra diocesi. Qualche esempio? Dare importanza prioritaria al problema della casa, al problema della salvaguardia dell’ambiente, al problema del lavoro. Scelte politiche coraggiose contro la precarietà e la disoccupazione – in forte aumento anche a Como e in provincia – possono essere fatte, per esempio, aiutando le piccole e medie imprese a non delocalizzare le produzioni in altre città o all’estero. Ciò è proprio impossibile?
Dopo queste elezioni, chi ci governerà avrà di fronte problemi giganteschi e sarà chiamato a una prova di grande capacità e di grande saggezza.
Ma anche noi, cittadini elettori, dobbiamo fare la nostra parte.
Il meccanismo della delega fine a se stessa ha probabilmente fatto il suo corso.
Oggi – e domani – ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte, assumendosi la sua piccola parte di responsabilità di fronte ai problemi e alle scelte di ogni giorno. Ciò vale sul lavoro, in famiglia, in parrocchia, di fronte al prossimo bisognoso, donando magari un po’ del proprio tempo senza pretendere nulla in cambio, riacquistando capacità critica e propositiva, cambiando stile di vita, accogliendo l’altro senza riserve.
Non abbiamo altra scelta.
Roberto Bernasconi, direttore Caritas diocesana di Como
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