Pubblicato il: 16/10/2019Categorie: Editoriali, News
Bernasconi_Roberto

7 ottobre 2019 – Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento che il direttore della Caritas diocesana di Como, Roberto Bernasconi, ha fatto sabato 5 ottobre 2019 durante l’incontro pubblico, presso la Biblioteca comunale di Como, in occasione della ricorrenza dei 20 anni di Porta Aperta e Centro di Ascolto, i servizi Caritas operativi nella città di Como.

Posso affermare che Caritas, in questi anni, con la sua presenza all’interno della città e con la sua azione caritativa a favore delle persone disagiate ha cercato di vivere e testimoniare la cultura cristiana dell’accoglienza che è alla base del suo agire e che è stata da sempre un punto di riferimento per la vita anche civile del nostro territorio.

Vi abbiamo invitato per raccontarvi una bella e importante storia che è scritta sul libro della nostra città e che ha come soggetto non le opere materiali, che abbiamo realizzato in questi anni, ma gli uomini e le donne, sia ospiti sia operatori o volontari, che in questo periodo con motivazioni diverse hanno  frequentato e hanno permesso di far vivere Porta Aperta e Centro di Ascolto.

Per questo posso dire senza ombra di dubbio che il centro del nostro agire sono state e sono le persone che vivono sul nostro territorio residenti e non, italiani o stranieri, comunitari o extracomunitari; ed è proprio accogliendo nei nostri servizi esperienze di vita sia personale sia famigliare, abbiamo la possibilità di scoprire volti, di condividere  situazioni di vita, condividendo fatiche vissute ma anche occasioni nuove che si possono creare attraverso il rapporto vero e sincero con tutte queste persone.

Tutto questo bagaglio di esperienze ci dà la possibilità di fare memoria di questi venti anni di servizio dei nostri uffici di Porta Aperta e del Centro di Ascolto, servizio speso a favore delle persone e delle famiglie in difficoltà che in modo diverso abitano la nostra città e che per questo hanno diritto di essere riconosciute e ascoltate e aiutate.

La storia di questi anni di impegno  vi è raccontata, vi è consegnata perché possa quantomeno diventare strumento di riflessione vera, e soprattutto patrimonio comune per la nostra città.

Mi riservo di fare alcune considerazioni di fondo che ritengo di poter condividere con voi. La prima considerazione è quella che ci presenta Como come una città i cui abitanti si sentono in maggior parte  cittadini “separati in casa”. Nella nostra città ci sono diversi mondi che abitano accanto, ma che parlano una lingua diversa: il mondo cattolico, parrocchie gruppi di ispirazione cristiana, il mondo delle persone che arrivano da Paesi extracomunitari, il mondo dell’economia e produttivo, il mondo della politica, la galassia delle varie confessioni religiose, la miriade di gruppi e associazioni che si ispirano a  problematiche particolari e che ricercano la possibilità di risolvere in proprio le problematiche che affrontano, il mondo delle persone singole che si rinchiudono nel privato e sono sorde a qualsiasi richiesta di intervento di aiuto. Ebbene, tutta questa diversità potrebbe diventare ricchezza se condivisa.
Nella nostra città queste divisioni, purtroppo, il più delle volte creano muri che sembrano invalicabili, creano situazione di conflitto, che rendono difficili da attuare progetti efficaci e disinteressati da spendere a favore della collettività.

La seconda considerazione mi viene spontanea, analizzando il lavoro che i nostri due centri stanno compiendo, ed è questa: in questi 20 anni, oltre al lavoro quotidiano fatto di prassi e azioni concrete, essi hanno realizzato un’altra opera, quella di seminare il buon seme della conoscenza, dell’accoglienza, della  tolleranza e della condivisione di valori, basati sulla Dottrina sociale della Chiesa che si concretizza all’interno dei valori che la nostra Costituzione ci indica come strada maestra per poter costruire una società più equa e più giusta.

Questo buon seme, che pure è stato seminato su un terreno accidentato in questi anni, è germogliato: le piantine stanno crescendo forti, le radici stanno poco alla volta sbriciolando la crosta dell’indifferenza e dell’egoismo e stanno cominciando a produrre frutti all’interno della nostra comunità ecclesiale e civile che si ritrova ad essere sempre più comunità che basa il suo essere non sul potere ma sul servizio.

Posso affermare allora con forza – perché il cammino di Porta Aperta e del Centro di Ascolto me lo confermano – che il bene è più forte del male, che il buon senso riesce a prevale sull’egoismo, che il bene di una città come la nostra si costruisce con l’apporto di tutti, pronti a rinunciare a dei progetti particolari e altrettanto pronti a costruire con chi è disponibile un cammino sociale che metta al centro il bene degli uomini e delle donne senza distinzione di razza, di colore e di religione, partendo da chi è in difficoltà, da chi è solo, da chi ha perso la speranza.

Se mi permettete invito per questo tutte le persone di buona volontà a mettere da parte pregiudizi e paure. Chi vuole può avvicinarsi ai nostri servizi per conoscerli meglio e potrà così accorgersi che per aiutare chi vive delle difficoltà non bisogna essere degli specialisti in Scienze umane; basta una buona parola, un saluto, un sorriso. Questo atteggiamento aiuterà sicuramente le persone avvicinate e accolte a non sentirsi scarto, ma parte viva e vitale della città.

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

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