Pubblicato il: 14/12/2012Categorie: Editoriali, News

14 dicembre 2012 – “Auguri per un buon Natale” è il saluto che ci accompagna in questo periodo dell’anno, ma rischia di diventare un modo di dire che perde il suo significato più profondo, allora dobbiamo chiederci che cosa è il Natale per noi, che cosa auguriamo veramente con questo saluto.

Sono domande che mi assillano sempre più, in questi giorni caotici, che ci costringono a una serie infinita di incontri conviviali, di giri frenetici per negozi, per mercatini, che addobbano le nostre città, e anche le nostre chiese, con luci da discoteca, che ci fanno partecipare alle funzioni religiose non per il significato che hanno, ma perché è bello e poetico, si può ascoltare buona musica e poi il presepe fa sempre tenerezza.

Allora mi chiedo: l’augurio che ci scambiamo è per tutto questo o dietro questa facciata c’è dell’altro?

Per fortuna la concretezza della quotidianità mi riporta coi piedi per terra e mi costringe a fare i conti con la realtà vera della vita delle nostre comunità, mi riporta a confrontarmi con uomini e donne che vivono, che amano, che donano, che soffrono.

Mi rendo conto che questo mondo reale, molto più presente e importante in mezzo a noi di quello che possiamo immaginare, è purtroppo invisibile ai nostri occhi offuscati da tante luci e da troppe offerte allettanti.

Dobbiamo allora innanzitutto recuperare questa visibilità dando spazio nella nostra vita alle persone, imparando a riconoscere e a guardare negli occhi chi incontriamo, ad essere accoglienti, a saper donare il nostro ascolto sincero a chi è inascoltato, perché emarginato, perché malato, perché problematico, perché diverso per razza o religione, perché carcerato.

Questa attenzione deve tradursi in opere concrete, case da condividere, luoghi adatti ad accogliere chi è senza dimora, cibo, vestiti e denaro da donare, lavoro da mettere a disposizione.

Mi piace pensare che tutte queste opere che sono frutto della conoscenza e della condivisione rasentano l’utopia se seguiamo il ragionamento del pensiero corrente ma noi credenti impegnati nella promozione dell’uomo abbiamo anche la capacità di sognare che può essere possibile quello che sembra irrealizzabile, perché abbiamo un’arma segreta: quella di un cuore che si apre alla speranza che è alimentata dalla fede che ci è data da Cristo, che viene in mezzo a noi per condividere pienamente la nostra umanità, e dalla carità che scaturisce da questa certezza di amore infinito.

L’augurio di buon Natale allora sarà vero e sincero e non avrà bisogno di alchimie fatte di luci e di scenari finti per essere vissuto, ma ci riporterà, attraverso la conoscenza vera dei fratelli, a riconoscere Cristo che diventa uno di noi e che ci accompagna nella bella avventura di una vita vissuta e donata per tutti gli uomini.

Roberto Bernasconi, direttore Caritas diocesana di Como

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