Pubblicato il: 14/02/2012Categorie: Editoriali, News

14 febbraio 2012 – Siamo alla vigilia della XI Assemblea diocesana dal titolo “La Caritas serve… se serve-Gli Uffici di pastorale a confronto sulla carità” che si terrà sabato 18 febbraio dalle 9.30 alle 17 all’Auditorium Opera Don Guanella, in via T. Grossi 18, a Como.

E’ un momento di crescita e di condivisione che vuole arricchire le singole comunità e quindi la Chiesa locale nella sua dimensione spirituale e soprattutto pastorale. E’ altresì un momento di coinvolgimento che tocca inevitabilmente anche aspetti della vita sociale e “politica” della nostra Diocesi – direi “pre-politica” – ovvero la capacità di creare le premesse per un’azione concreta partendo da principi e ideali condivisi dalla comunità cristiana. In un momento di crisi della politica, intesa come mera gestione del contingente e sempre più povera di una progettualità e di un’“anima” che la renda strumento virtuoso per il bene comune, questa giornata può rappresentare quindi l’inizio per un rilancio di impegno per ogni persona di “buona volontà” e per la Chiesa diocesana nel suo complesso.

Per dare un senso e un percorso alla presenza di cristiani convinti che senza la Carità (come senza la Parola e senza l’Eucaristia) non possiamo vivere, nelle nostre comunità occorre, oggi, “osare”, cioè tentare di proporre percorsi di formazione fatti di una robusta cultura e di attento discernimento.

Oggi, per ridare speranza alle nostre città, ai nostri territori, serve soprattutto la testimonianza di persone (dentro e fuori la Caritas) che nel disinteresse sappiano darsi la disciplina delle relazioni, e al tempo stesso quella di una parola sobria, che rifugge dai personalismi, che sa parlare dei problemi veri e sappia osare strategie e risposte. È necessaria una cultura per l’uomo diffusa, che faccia sentire un nuovo senso di appartenenza alla città, al proprio paese, alla propria terra, ma anche al mondo intero. È necessario scegliere di formarsi per comprendere che i problemi di tutti sono anche i miei e mi interpellano, mi chiedono di prendere posizione, di darmi da fare, di non stare a guardare.

La Caritas diocesana da diverso tempo sente il bisogno di confrontarsi sul cammino che la stessa Caritas ha intrapreso, per far sì che la dimensione della carità diventi sempre più momento fondante il cammino delle nostre comunità parrocchiali. Quello che stiamo vivendo è un tempo di cambiamento radicale per la nostra società, che fino a poco tempo fa si era illusa di poter contare su uno sviluppo che sembrava illimitato. In questi anni abbiamo messo al centro del nostro vivere sociale l’idea del valore assoluto dello sviluppo economico e della ricchezza che se ne può ricavare. Questo atteggiamento ha condizionato pesantemente anche la vita ordinaria delle nostre comunità, che si sono adeguate al sentire comune e che sempre più hanno cercato di diventare comunità “efficienti”, piene di cose da fare, ma sempre più povere di relazioni vere.

La Caritas, che per statuto è nata per testimoniare il valore della carità, non soltanto attraverso le opere, ma soprattutto come elemento fondante accanto alla dimensione liturgica e a quella della catechesi, in questi anni si è trovata a svolgere attività di supplenza, esercitando la delega della carità a nome di tutta la comunità.

Questo impegno ha proiettato la Caritas in prima linea su più fronti: abbiamo dovuto “riempire il vuoto” lasciato da associazioni storiche in crisi, ci siamo accollati le azioni concrete di vicinanza alle persone e famiglie in difficoltà per la crisi economica, ci siamo impegnati poi a far fronte alla grave emarginazione e alle emergenze che in questi anni si sono succedute a causa delle calamità naturali o dell’arrivo e relativa accoglienza di immigrati e profughi.

Abbiamo esercitato questa supplenza con il nostro stile: non come fatica, ma come opportunità e ciò ci ha messo in condizione di vivere accanto a tante persone in grave difficoltà e ci ha dato la convinzione che la povertà più grande non è quella materiale, ma è quella relazionale.

Ora raccogliamo da questa esperienza un grosso interrogativo: come possiamo trasmettere la bellezza dell’incontro con Cristo se non siamo più capaci di parlare con l’uomo?

La domanda vogliamo rivolgerla a tutte le nostre comunità, perché in modo positivo ci aiutino in questo cammino di vicinanza all’uomo di oggi: questo sarà il tema della nostra Assemblea Diocesana.

Noi sentiamo forte nel nostro servizio di aiuto e di vicinanza a chi è in difficoltà che non basta donare il pane, il vestito, la casa, il lavoro, la salute, se attraverso questi non sappiamo comunicare il dono della comunità, che condividendo la Parola e l’Eucaristia è dispensatrice del dono più grande: l’incontro con Cristo.
Per questo abbiamo chiesto innanzitutto ai vari uffici di pastorale di aiutarci, mettendo a disposizione le specifiche competenze liturgiche, catechistiche, sociali perché il cammino di accompagnamento all’uomo in difficoltà sia completo, ma anche perché le nostre comunità possano recuperare la dimensione della carità come un pilastro fondante della propria vita.

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

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