Pubblicato il: 07/11/2024Categorie: La Caritas si racconta, StorieTag: , ,

7 novembre 2024 – «25 anni sono stati importanti. Il Centro di Ascolto di Como è diventato un punto di riferimento per le persone in difficoltà della città, ma soprattutto è cresciuta la sua capacità di ascolto e di relazione. Ciò significa dedicare il giusto tempo e il giusto spazio a donne, uomini e famiglie che chiedono aiuto. Una dinamica non scontata nella società, dove l’efficienza prevale e dove il tempo dell’ascolto è pochissimo. Al Cda non si fanno azioni, si fanno relazioni. Sono fiero di poter dire che il Cda in cui ho operato per 10 anni è riuscito a creare questo spazio e questo tempo, grazie soprattutto ai tantissimi volontari e alla loro personale generosità e disponibilità a lavorare in équipe».
Sono le parole di Simone Digregorio, che è stato coordinatore del CdA “Don Renzo Beretta” di Como dal 2014 e oggi direttore della Fondazione Solidarietà e Servizio Onlus. Dal 2023 nella sede di via Don Luigi Guanella 13 lavora l’operatrice della Caritas diocesana Ilaria De Battisti, impegnata anche nell’accoglienza dei profughi ucraini e del servizio housing sul territorio.

Simone Digregorio e Ilaria De Battisti

«Condivido le parole di Simone – interviene Iliaria – Il ruolo dei volontari è fondamentale e il nostro impegno è tenere alte le loro motivazioni, perché ogni giorno hanno bisogno di sentirsi utili. L’esperienza più bella che un volontario può fare al CdA è essere testimonianza viva di quanto sia importante fare spazio all’altro, ascoltarlo e dargli una possibilità di riprendere il cammino. Ricordo che attualmente sono 15 volontari, uomini e donne di varia età coinvolti su turni. Indispensabile è il loro costante lavoro in équipe per valutare ogni singola richiesta di aiuto».

In questi 25 anni quante persone hanno chiesto il vostro aiuto?

«Dal 1999 a oggi sono state incontrate circa 4.000 persone – conferma Simone, aggiungendo qualche numero più recente – Nei primi 9 mesi del 2024 i colloqui totali sono stati 269 e 155 persone incontrate. Di queste, 88 già note, 67 nuove, 53 italiani e 102 stranieri. Sono dati significativi che dimostrano l’entità del lavoro svolto. Tuttavia, i numeri lasciano il tempo che trovano. Mi piace di più dire che ogni persona sia stata accolta e ascoltata e che l’équipe del CdA sia riuscita a portarla a un’accoglienza comunitaria, al di fuori del centro stesso, grazie anche al potenziale di una rete solidale costituita dalla “comunità civile” e soprattutto dalla “comunità-Chiesa”, che amo pensare sempre più accogliente e in continua crescita. A questo proposito evidenzio che l’attivazione delle parrocchie è altissima, grazie anche all’impegno delle Caritas parrocchiali, i punti di ascolto parrocchiali, le San Vincenzo che ci sono sul territorio, che sono diventati dei nuovi luoghi di ascolto per chi si trova in difficoltà».

Un’ospite accolta nella sede del Centro di Ascolto di Como in via Don L. Guanella 13

Ilaria, un breve bilancio della tua esperienza alla guida del CdA…

«Al CdA di Como, il mio incontro con la povertà è un incontro assoluto. Un’esperienza molto più forte e più significativa di quella fatta negli ultimi 20 anni, lavorando nel mondo del terzo settore. I problemi delle persone sono vari e a volte complessi da affrontare. L’emergenza abitativa è un’emergenza gravissima; un’urgenza sociale assoluta che abbiamo voluto portare recentemente anche all’attenzione del vescovo Oscar Cantoni. Attualmente su 10 colloqui, almeno 4 mettono in evidenza problemi di carattere abitativo e quasi sempre interessano intere famiglie. Mancano alloggi, spesso le case abitate sono fatiscenti; sono sempre più numerose le notifiche di sfratto legate a problemi economici, causati molte volte da stipendi insufficienti o da lavoro precario. Casi di sfruttamento sempre più numerosi, un vero scandalo. Non è facile per noi aiutare queste persone e a volte la frustrazione è grande. Soprattutto quando incontri famiglie pronte ad assumersi le loro responsabilità e capaci di autonomia economica, ma tutto si arena perché sono straniere, spesso di colore, o perché hanno un bambino di pochi mesi».

«Recentemente – ricorda Simone – il direttore della Caritas diocesana, Rossano Breda, ha ricordato che il processo sinodale ha dato un’indicazione molto concreta: si crei un osservatorio delle risorse immobiliari non utilizzate all’interno delle parrocchie e che la comunità faccia un discernimento su come utilizzarli. La Caritas ha una posizione molto chiara in proposito e vuole essere parte attiva in questa opera di sensibilizzazione verso la carità. Ma da sola non può nulla».

I volontari hanno un ruolo fondamentale nell’accoglienza e nell’ascolto delle persone che si rivolgono al CdA di Como per chiedere aiuto


Ilaria, ma le difficoltà di chi chiede aiuto sono anche di altra natura…

«Innanzitutto il lavoro, che quando non manca è precario e insufficiente per mantenere una famiglia. Fuguriamoci pagare anche un affitto! In grande aumento in questi ultimi anni sono le persone con patologie psicologiche e psichiatriche. Sono uomini e donne che sono seguiti anche dalle strutture pubbliche, ma rischiano di finire ai margini della società. Poi ci sono le povertà affettive, la solitudine, le povertà culturali di tante famiglie straniere che fanno fatica a integrarsi e ad accettare i nostri modelli di vita».

Simone, monitorare tutte le situazioni non è facile…

«Il metodo di osservazione dei dati diventa importantissimo. Dopo anni di difficoltà, abbiamo un programma di registrazione dati, al fine di elaborare statistiche anonime, approfondire l’osservazione dei fenomeni nei vari Centri di Ascolto diocesani e prepararci ad affrontarli con risposte adeguate. È un passaggio graduale, ma di estrema utilità. Un altro step che bisognerebbe fare è migliorare la capacità di far sentire all’ente pubblico, ma in generale a tutta la società, la voce degli ultimi».

«Fortunatamente – ricorda Ilaria – le parrocchie sono sempre più sensibili e impegnate e la rete degli enti pubblici e del terzo settore è vasta e collaborativa. Purtroppo, però, il CdA è spesso coinvolto anche quando i problemi potrebbero – e dovrebbero – essere risolti da altri. L’eccessiva burocrazia e le ristrettezze economiche dell’ente pubblico non aiutano… quindi la tentazione di delegare ad altri ciò che ti compete è sempre dietro l’angolo».

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