Pubblicato il: 01/12/2020Categorie: Editoriali, NewsTag: ,
Bernasconi_Roberto

22 dicembre 2020 – Siamo ormai prossimi al Natale e questi giorni di attesa diventano per noi momento di riflessione sul significato di questa festa che ci ricorda la venuta tra noi di Cristo, che facendosi uomo viene a condividere la nostra natura e la nostra storia.

Quest’anno credo sia un Natale diverso ma, in un certo senso, fortunato perché a causa della pandemia che ci affligge abbiamo dovuto abbandonare tutte quelle abitudini legate al consumo e alla ricerca quasi ossessiva di possesso di beni che avevano in questi anni un po’ offuscato il significato vero del Natale.

Questa nuova condizione, che apparentemente limita la nostra mobilità e la nostra libertà, ci costringe a fermarci e a riflettere su di noi e sul senso della nostra vita personale e comunitaria. Questo spesso ci fa paura, perché riporta al centro della nostra vita le domande profonde di senso, che di solito eludiamo; riporta alla ribalta la necessità di rapporti veri, che spesso evitiamo e sostituiamo con dei placebo che ci danno l’illusione di sentirci a posto, che ci fanno evitare di sentirci corresponsabili della storia degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Una di queste cure placebo è la necessità, in occasione del Natale, di affidarsi ancora una volta alle cose, ai beni da possedere e da distribuire a chi potrebbe averne bisogno. Così facendo ci si lava la coscienza e si pensa che questo gesto di donare ci collochi dalla parte dei giusti. In questi giorni ci sono tanti esempi di queste attività di dono, come le varie spese sospese o la necessità di offrire dei momenti del proprio tempo nelle giornate di festa; scelte positive, ma solo parziali se si vuole vivere veramente una dimensione di Carità cristiana.
Vorrei allora riprendere i concetti di Carità e di dono e coniugarli all’interno del nostro tempo e della nostra comunità sia civile che ecclesiale.

Per capire meglio e vivere la Carità dobbiamo saper cogliere e riconoscere la povertà. Noi solitamente riconosciamo la povertà materiale che generalmente è esterna a noi e la crediamo legata ad alcune categorie di persone: senza fissa dimora, stranieri, famiglie in crisi, persone senza lavoro…
Ma ci dimentichiamo totalmente delle povertà morali ed esistenziali di tutte quelle persone che non riescono a comunicare il proprio disagio – in particolare giovani e anziani – ci dimentichiamo delle povertà e delle paure che tutti noi possediamo e che cerchiamo in modi diversi di nascondere. Vivere la Carità allora vuol dire affrontare tutte queste povertà non da singoli, ma in modo comunitario partendo proprio non dai nostri punti di forza, ma dalle nostre povertà più profonde.

Il dono allora diventa un atteggiamento importante della nostra vita che non può ridursi a cose da donare, ricercando magari anche modi nuovi e accattivanti per poterle raccogliere; il dono vero è sapere mettere a servizio la propria vita con le sue qualità morali, intellettuali e materiali per condividerla con le persone che ci avvicinano in cerca di aiuto, più o meno evidente. Il dono vero è la nostra vita vissuta in servizio con la convinzione che noi l’abbiamo ricevuta in dono, proprio perché a nostra volta la donassimo a tutti quelli che ne avessero bisogno.

Quest’anno il Natale, che i media ci dicono un po’ menomato, diventa invece un’occasione unica per riprenderci in mano la nostra vita, per recuperare il senso vero del vivere la dimensione famigliare e comunitaria, per renderci conto che l’attenzione verso gli altri deve esserci 365 giorni l’anno. La Carità cristiana, che è una virtù teologale, non ha bisogno di grandi campagne pubblicitarie o di scelte eclatanti, ma deve far parte del nostro vissuto quotidiano, nella assoluta semplicità che ci permetta di donare, ma anche di ricevere.
Buon Natale a tutti. Di vero cuore.

Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como

Leggi il messaggio di auguri del direttore e dell’assistente don Alberto Fasola a tutti i volontari e operatori

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