5 maggio 2016 – “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”: questa è la frase su cui si è costruita la riflessione che ha visto impegnate le delegazioni delle Caritas Diocesane italiane al 38esimo Convegno Nazionale, celebrato a Sacrofano (vicino a Roma) nell’anno della misericordia e dei quarantacinque anni di fondazione della Caritas Italiana.
La prolusione del Card. Montenegro, e la relazione di Mons. Galantino hanno ribadito la vocazione pastorale della Caritas che, attraverso le opere, aiuta la comunità ecclesiale a mettere al centro del suo essere è del suo agire la persona, partendo proprio da chi vive la dimensione della povertà. E in questo suo agire a nome della chiesa, Caritas non deve considerarsi un potere accanto ad altri poteri, ma deve mettersi alla scuola di Gesù, cercando di seguire in modo integrale il suo insegnamento. Concretamente la sua azione ci deve portare a cercare quello che Lui cerca, amare quello che Lui ama, privilegiare quello che Lui privilegia.
Se posso fare un appunto, direi che purtroppo c’è ancora viva la mentalità, all’interno delle nostra Chiesa diocesana, che la Caritas sia una entità a parte, quasi fosse uno strumento operativo e non sia, invece, parte integrante della comunità ecclesiale. Credo che per sciogliere questo nodo ci sia ancora tanta strada da percorrere; dobbiamo diventare “laboratorio”, perché si incominci a vivere la corresponsabilità ecclesiale, e ciò è possibile farlo nella misura in cui la Caritas mette a servizio della comunità tutta la sua esperienza di vita ma, nello stesso tempo, accoglie come parte del proprio bagaglio tutta l’esperienza formativa e pastorale che in questi anni la nostra Chiesa diocesana ha prodotto.
In questo discernimento ci ha aiutato il Card. Tagle, il quale ci ha indicato cosa significa essere chiesa in uscita: porre l’azione della Caritas al cuore della Chiesa; salvare vite avendo l’attenzione per tutto l’uomo e tutti gli uomini nella loro dignità fondamentale; promuovere lo sviluppo integrale sostenendo la trasformazione dei sistemi che causano
l’ingiustizia; costruire una solidarietà globale attraverso un contributo fattivo in educazione, comunicazione e
mobilitazione della opinione pubblica; infine, migliorare l’efficacia della Caritas attraverso la competenza che ci permette di mobilitare risorse a tutti i livelli.
L’approfondimento di questi punti ci ha aiutato a riflettere sui traguardi raggiunti che sono parecchi. Oramai sul territorio diocesano esiste una rete di punti di ascolto che è capillare e anche una buona parte di parrocchie è attiva nella distribuzione di beni di prima necessità.
Le difficoltà sono ancora tante, dobbiamo soprattutto monitorare le fatiche e le mancanze che sono presenti nella nostra azione. Da parte della Caritas ci vuole, inoltre, più consapevolezza nel sentirsi “Chiesa in uscita”, non soltanto per sostenere chi ha bisogno con aiuti materiali, ma è urgente per noi promuovere lo sviluppo integrale delle persone e delle famiglie che si avvicinano in cerca di aiuto, che hanno soprattutto bisogno, accanto al sostegno materiale, quello morale e spirituale.
Tutto ciò diventa possibile nella misura in cui il nostro essere “Chiesa in uscita” è supportato dal sentirci parte integrante della comunità diocesana; l’operatività che riusciamo a esprimere attraverso le nostre opere non potrà essere completa se noi non siamo in grado di trasmettere alle nostre comunità il bagaglio
di esperienza e di rapporti umani che la nostra operatività ci consegna, perché diventi momento di confronto nel cammino catechistico e sacramentale delle nostre parrocchie.
Questo è l’impegno prioritario che ci dobbiamo assumere per il futuro e credo che abbiamo tutte le potenzialità per rispettarlo, sapendo che quella della responsabilità diretta delle comunità cristiane è la sola modalità per poter rendere concreto quel cammino di misericordia che il Papa continua a invitarci a percorrere.
Roberto Bernasconi, direttore della Caritas diocesana di Como
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