Pubblicato il: 27/11/2024Categorie: La Caritas si racconta, Pensieri e riflessioni

Lo scorso 16 novembre, don Battista Galli, già direttore della Caritas diocesana di Como, ha offerto ai partecipanti al Convegno diocesano di Morbegno una riflessione a partire dal brano evangelico di Bartimeo (Mc 10, 46-52); un invito a metterci nei panni di chi vive situazioni di fragilità, come Bartimeo, per imparare a riconoscere la dignità di ogni persona.

Le tre parole rivolte a Bartimeo – “Coraggio, alzati, ti chiama” – sono, secondo don Battista, una guida per chi opera nella carità. Queste parole tracciano un programma per chi vuole seguire l’esempio di Cristo.
Coraggio: non si tratta solo di incoraggiamento, ma del riconoscimento della persona. È un modo di dire “ti vedo, ti riconosco”, restituendo dignità e valore.
Alzati: il povero, come Bartimeo, è spesso abbattuto e invisibile. Dire “alzati” significa riconoscerlo come persona e invitarlo a una condizione nuova.
Ti chiama: riconoscere che ogni persona è importante, che ha un posto speciale, soprattutto per Dio. È un atto che restituisce dignità, soprattutto a chi è più abbattuto.

L’incontro di Bartimeo con Gesù
Quando Bartimeo sente di essere chiamato, si libera del mantello, l’unica protezione che ha. Per un povero, il mantello è tutto. Abbandonarlo significa rinunciare alla propria sicurezza, mostrarsi per ciò che si è. Bartimeo corre verso Gesù con tutto se stesso e si getta ai suoi piedi.

Gesù, con grande rispetto, non decide per Bartimeo, ma gli chiede: “Cosa vuoi che io faccia per te?”. Questa domanda restituisce a Bartimeo il potere sulla propria vita. Bartimeo non chiede l’impossibile, ma qualcosa che desidera ritrovare: la vista. Gesù gli concede ciò che chiede, senza aggiungere altro.

Bartimeo: il cammino di chi si riconosce amato
Una volta guarito, Bartimeo inizia a seguire Gesù. Don Battista ha sottolineato come questo cambi radicalmente la sua vita: Bartimeo non segue Gesù da una condizione di perfezione, ma portando con sé le ferite del passato, con entusiasmo e gratitudine. È diverso da chi segue Gesù senza mai essersi riconosciuto bisognoso.

Un invito alla carità che nasce dalla gioia
Per chi lavora nella carità, don Battista ricorda l’invito di Gesù a lavare i piedi gli uni agli altri, come segno di servizio e amore reciproco. Ha concluso: «Siate beati della carità che fate, non perché è un obbligo, ma per la gioia che porta. Gesù era un uomo felice, e anche noi dobbiamo essere profondamente contenti nella nostra fede. La vera carità nasce non dal dovere, ma dalla gioia di servire».

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