
In vista del Giubileo della Ministerialità in corso a Como il 15 marzo in Cattedrale a Como, abbiamo raccolto le riflessioni di Rossano Breda, direttore della Caritas diocesana di Como, per approfondire il significato della ministerialità e il suo valore nel contesto ecclesiale e comunitario.
Che cosa significa la ministerialità per un operatore Caritas?
“Significa innanzitutto avere la consapevolezza che la propria azione è un ministero a servizio dei fratelli e della Chiesa. Tutti i battezzati esercitano un ministero, già a partire dalla vita battesimale, partecipando al cammino comunitario, che sia un ministero riconosciuto, istituito oppure di fatto. La proposta pastorale dell’Evangelii Gaudium, con Papa Francesco, ha portato a una maggiore definizione di questo concetto. Non è necessario avere competenze particolari, ma piuttosto essere volenterosi, fondati nella Parola, con una vita di fede e un’attenzione speciale alle povertà umane, spirituali ed economiche che ogni cristiano può incontrare. È una creatività che viene dallo Spirito Santo, sia a livello personale che comunitario. Se torniamo agli Atti degli Apostoli, il primo ministero istituito è quello dell’invio dei discepoli da parte di Gesù “a due a due”. Quando gli Apostoli riconoscono che il ministero dell’annuncio deve proseguire senza essere appesantito dal servizio agli ultimi, vengono istituiti i diaconi e le diaconesse proprio per questo compito. In estrema sintesi, la ministerialità significa essere nella Chiesa, a servizio della Chiesa e, in particolare, degli ultimi”.
In questa prospettiva la Caritas diocesana di Como, da tre anni, durante la Giornata Mondiale dei Poveri, ha scelto di vivere il mandato della ministerialità della carità non come un riconoscimento individuale, ma all’interno di una dimensione comunitaria.
“La Caritas spesso afferma: O è Chiesa o non è Caritas. Allo stesso modo, oggi, o la Chiesa è ministeriale, sinodale e missionaria, o non è Chiesa. Non solo perché lo dice Papa Francesco, ma perché è l’essenza stessa della Chiesa: camminare insieme, mettersi a servizio, con un’attenzione particolare agli ultimi”.
Qual è la sfida missionaria oggi nella ministerialità?
“Dobbiamo riconoscere che non tutte le competenze sono interne alla Chiesa. La ministerialità, in questo senso, è una “scaltrezza pastorale”, la capacità di riconoscere le competenze esterne e metterle al servizio della comunità, portando il valore del Vangelo. Un esempio è quando Papa Francesco, durante la crisi economica, ha radunato giovani imprenditori di tutto il mondo ad Assisi chiedendo loro di aiutarlo a leggere la situazione alla luce del Vangelo. In quel contesto, è stata riconosciuta una ministerialità di fatto a queste persone. Anche la Caritas diocesana di Como valorizza questa competenza nei referenti vicariali, persone che conoscono i territori, dialogano con le realtà locali e aiutano a capire come la Caritas può servire i territori. È un processo in atto, non ancora concluso, un tentativo di radicare la ministerialità sul territorio e metterla al servizio della Chiesa e della diocesi”.
Perché è importante partecipare all’incontro del 15 marzo?
“È bello che il nostro Vescovo convochi tutte le ministerialità, le porti a un momento giubilare e dia loro di nuovo un riconoscimento nella celebrazione e nella formazione. I tre prismi di liturgia, catechesi e carità sono fondamentali per il cammino della Chiesa, non perché siano migliori di altre dimensioni pastorali, ma perché in essi si riconoscono tutte le altre. Infine, il Giubileo ci ricorda che lo straordinario ha senso solo se riconduce all’ordinario, se ci aiuta a implementare quei processi che poi viviamo quotidianamente. Come nel Giubileo biblico, è un momento di rinnovamento, di riconciliazione e di ripartenza con un senso più umano e comunitario del nostro servizio e della nostra vita”.
articolo tratto da il Settimanale della Diocesi di Como

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