Pubblicato il: 24/04/2024Categorie: Editoriali, News

Il 25 Aprile si fa memoria e si festeggia, giustamente, un evento che dopo 79 anni rimanda alla consapevolezza che purtroppo il nostro tempo è ancora segnato dalle guerre e dai conflitti (la terza Guerra mondiale “a pezzi”, ricorda papa Francesco), come se il sacrifico di milioni di uomini e di donne non sia servito a nulla. E siamo già nel tempo che di testimoni viventi di quel periodo ne abbiamo sempre meno…

La motivazione della memoria è nota.

Il 25 aprile 1945 segna la data dell’insurrezione italiana contro i tedeschi. Nello stesso giorno i militari degli eserciti inglese e americano sfondarono la linea Gotica (che si snodava da La Spezia a Rimini). Forti dell’avanzata degli Alleati, Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Sandro Pertini (successivamente nominato Presidente della Repubblica) e Leo Valiani, che facevano parte del comitato direttivo del Cln, proclamarono l’insurrezione nazionale di tutti i partigiani italiani contro i tedeschi.
Il 25 aprile è dunque ricordato in Italia come il giorno della Liberazione, di cui appunto si celebra la festa. Fu proprio in questa data che Benito Mussolini, visti gli attacchi dei partigiani in tutto il Paese, cercò di fuggire. Il Duce venne però catturato dai partigiani e fu giustiziato il 28 aprile con Claretta Petacci: i loro corpi vennero appesi dai partigiani a testa in giù a piazzale Loreto, a Milano.
A proporre che la data del 25 aprile diventasse festività nazionale fu, nel 1946, l’allora presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi.
Come da prassi istituzionale, inviò la richiesta al re Umberto II, che il 22 aprile stabilì la ricorrenza.
Ogni anno il 25 aprile il presidente della Repubblica depone una corona di fiori all’Altare della Patria.
A Milano viene organizzato il corteo dell’Anpi (l’Associazione nazionale partigiani) e altre manifestazioni attraversano diverse città d’Italia.

Ma quel sacrifico ha ancora un significato che rimanda alla nostra corresponsabilità? Oppure la viviamo solo come un giorno non lavorativo?

La storia insegna che le guerre colpiscono prevalentemente chi la guerra non la vuole. Che le vittime, soprattutto oggi, sono civili, donne e bambini in maggioranza. Che la successiva ricostruzione è appannaggio dei grandi potentati finanziari mondiali.
Quindi?
Come essere davvero oggi artigiani di quella pace che dobbiamo al sacrificio di tante vittime del passato e del presente?

Credere che ogni giorno dobbiamo fare un passo verso la pace, soprattutto credendo che nella quotidiana debba prevalere il dialogo, il confronto, la reciproca stima, l’accoglienza della diversità, l’integrazione dello straniero, la cura dei fragili.
Insomma, volere e promuovere il BENE COMUNE per tutti. Per non arrivare al conflitto, allo scontro armato. Perché davvero “libertà sia sempre più partecipazione” (Giorgio Gaber).

Ecco alcuni suggerimenti pratici.

Darsi tempo per ricordare e per ascoltare nuovamente “voci altre” che raccontano di un’alternativa alla guerra.

Due libri: Hetty Hillesum, Il Diario, 1941-43; Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa. Lettere dal carcere

Un film: “La rosa bianca”, 2005 (Raiplay)

Un’azione concreta:
http://www.conflittidimenticati.it/ e https://www.banchearmate.org/ , perché scegliere come e dove usare i nostri risparmi può fare la differenza.

Buona resistenza!

Rossano Breda, direttore della Caritas diocesana di Como

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