Pubblicato il: 31/10/2024Categorie: Editoriali, NewsTag:

31 ottobre 2024 – Nelle manifestazioni, ai balconi, sulle finestre delle nostre case spesso vediamo le bandiere multicolore della Pace. Segno evidente di una volontà di manifestare un NO alla guerra, pacifico e civile.
La scritta PACE ha così trovato la propria bandiera, e come ogni bandiera, accomuna le persone nello stesso ideale.
Questa comunanza deve però essere sostenuta dalla consapevolezza nel sentirsi responsabili del valore dell’ideale, che deve trovare forme ben più concrete e vissute che non l’esposizione di un vessillo.

Un vivere prima del manifestare, un essere prima che apparire.
Vivere può significare credere che la pace sia un diritto da difendere sempre, schierandoci in prima linea nel condannare ogni conflitto, e ogni ingiustizia, non soffermare il nostro interesse unicamente su ciò che da vicino ci coinvolge ma andare oltre, imparando a chiedere Pace anche sulle tante guerre dimenticate che affliggono il mondo, denunciando la povertà, maturando la coscienza che anche quei conflitti e quella miseria trovano in noi una possibile causa.

Essere pacifici, evangelicamente miti, costruendo in noi un animo aperto al dialogo, lasciando lo spazio all’ascolto dell’altro, allontanando da noi ogni occasione di rottura, superando i nostri egoismi, interessi, possessi, orgogli, pregiudizi.

La scritta che campeggia sulle nostre bandiere non può prescindere dal nostro stile di vita.
Pace non può essere confusa come una dichiarazione, che assume a volte carattere di protesta. Non diluiamo il significato in una manifestazione di massa. Diventiamo protagonisti di questa Pace. Se le bandiere servono a identificarci, allora distinguiamo questo impegno, indicando in essa l’azione che ci responsabilizza: “FARE PACE”.

Sicuramente è faticoso, dovendo necessariamente fare pace prima di tutto con noi stessi. Quando ci sentiamo emarginati da una società che poco comprende la logica del perdono, quando non sentiamo corrisposta un’attenzione verso l’altro.
Fare pace, vivere le buone relazioni, non può prescindere da una nostra scelta di giustizia, per la quale essere coerenti ci ripara e ci sostiene nel superare qualsiasi difficoltà.

Dentro questa prospettiva appare necessario assumere anche posizioni nette nei confronti di logiche “di morte”.

Ciascuno potrebbe verificare se la propria banca appartiene alla lista delle cosiddette “banche armate”, chiedendo eventualmente al proprio istituto di credito una spiegazione dell’appartenenza a tale elenco (cfr. www.banchearmate.it).

Allo stesso tempo è fondamentale che ognuno si offra spazi di approfondimento e “studio” dei fenomeni locali e internazionali per comprendere meglio i processi che determinano poi le scelte politiche a sfavore del dialogo e a sostegno delle azioni di guerra, spesso giustificate demagogicamente o con orientamenti fortemente ideologici (dedicare 15 minuti al giorno per informarsi e formarsi…).

Non basta dire “sono contro la guerra”, soprattutto in questo tempo di “terza guerra mondiale a pezzi” (Papa Francesco).
È necessario prendere posizione chiara, quella che una volta veniva definita “obiezione di coscienza”. Nel linguaggio, nell’atteggiamento verso “l’altro” soprattutto quando diverso per nazionalità, per status sociale, per appartenenza culturale, per orientamento politico o religioso.

Costruire la pace prevede l’impegno per una narrazione differente, capace di rompere con il pensiero omertoso che più una guerra è lontana, tantomeno ne sono responsabile. Ma le tragedie recenti della guerra ai confini d’Europa, lo stato permanente di tensione e violenza in Medio Oriente, le “guerre” per l’accaparramento delle risorse in Africa, Asia e America Latina di multinazionali senza scrupoli, con dirette conseguenze sul nostro stile di vita occidentale, ci impongono una riflessione “etica”.
Perché, come dice ancora Papa Francesco nella lettera enciclica Fratelli tutti, “siamo tutti connessi”, e ciascuno di noi è strettamente legato a tutto il resto dell’umanità.

Ecco allora la necessità di essere “di parte”, credere nella pace in ogni momento e con ogni gesto. Qui e adesso, per me, per te, per tutti!
Perché o scegliamo per una convivenza pacifica, oppure siamo destinati alla distruzione.
Perché essere in pace, significa star bene! TUTTI!

Rossano Breda, direttore Caritas diocesana di Como
Loris Guzzi, operatore Caritas diocesana di Como

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