5 dicembre 2024 – Quest’anno all’interno del Piano Freddo di Como sarà stanziato del budget per potenziare le aperture del Centro Diurno “L’Incontro” in via Giovio 42, nel tentativo di sopperire alla scarsità di luoghi di accoglienza diurna durante l’inverno.
«Ci sono risorse per un’apertura in più del Centro Diurno, nel giro di un paio di settimane dovremo riuscire a organizzarle – racconta Alessio Cantaluppi, operatore e responsabile del Centro Diurno della Caritas diocesana di Como – In realtà probabilmente andrà a sostituire lo Spazio Donne, che sarà momentaneamente sospeso. Per il problema del freddo in questo momento daremo priorità ad aprire il più possibile, proponendo una nuova apertura oltre a quella del giovedì, che sarà disponibile per donne e uomini senza dimora».
SPAZIO DONNE, UN PROGETTO VIRTUOSO
Lo Spazio Donne ha operato durante tutto l’anno, promuovendo attività e momenti riservati alle donne senza dimora. «Le donne che ci sono in strada sono un numero abbastanza esiguo rispetto a tutta la popolazione senza dimora e bene o male quasi tutte le donne frequentano questo spazio nei momenti classici di apertura del centro diurno», ci dice Camilla Airoldi, operatrice presso lo Spazio Donne.
Le operatrici raccontano che la maggiore difficoltà è quella di staccare le donne dalla strada, e dalle compagnie maschili. «Questo spazio nasce da un’esigenza: un annetto fa in momenti del tutto informali capitato che un gruppetto di donne con noi operatrici si staccasse, e da qui è nata l’esigenza da parte loro di avere un momento solo per loro».
Lo Spazio Donne del Centro Diurno della Caritas è nato anche per parlare di cose che quando c’è l’uomo sono temi un pochino più difficili «anche se il tema della costanza è difficile, perché è una caratteristica che non fa parte di questo mondo. La costanza è un risultato che si ottiene dopo veramente tanto tempo», commenta ancora Camilla Airoldi.
Per cui questo spazio vuole essere aperto e a disposizione, sapendo che le donne che stanno per strada hanno una vita complicata e sottoposta all’imprevisto, per cui non sempre riescono a garantire di esserci. «Quando le donne sono qui si sentono a casa, e questa cosa è evidente: emergono tante tematiche molto personali in cui la cosa è bella è che anche noi operatrici ci mettiamo alla pari, ci mettiamo allo stesso ed è una cosa che non capita spesso. Questo è il valore», chiude l’operatrice.
All’interno degli ambienti dello Spazio Donne le attività che si svolgono sono le più diverse: dall’arteterapia proposta da Gaia Ponisio, una delle operatrici, che è un momento durante il quale anche in maniera inconscia emergono un sacco di cose. «L’arteterapia è un tipo di terapia non verbale, c’è tantissima libertà. Nel senso che vengono proposti tutta una serie di materiali che sono sempre qui a cui ognuno attinge liberamente. Quindi in realtà nell’ambito dell’arteterapia si passa dal realizzare cose in argilla, o fare disegni, lavorare sui libri, quindi sta molto alla persona, alle proprie capacità e competenze – racconta Gaia – Uno degli obiettivi dell’arteterapia è che si cerca di fare emergere delle capacità e competenze che si hanno, ma a cui poi non si dà un gran valore: sta molto alla persona e alla propria soggettività».
Nel primo periodo le operatrici hanno proposto anche attività legate alla cura di sé, realizzando maschere viso e manicure. «Per le donne è un aspetto importantissimo, e non hanno modo di beneficiarne altrove: i servizi puntano a soddisfare i bisogni primari, ma poi c’è tutta poi una sfera legata al femminile e alla cura di sé, il vedersi un po’ belle e curate che ovviamente non viene intercettata».
Le operatrici raccontano poi delle creazioni delle donne durante i laboratori di arteterapia, durante i quali le donne accolte costruiscono case di carta, mestoli, collage… «Queste attività manuali poi diventano uno strumento per parlare di famiglia, di figli, di relazioni, di cura di sé, di come si sta – continua Airoldi – Questo aiuta molto a verbalizzare, si vede una sorta di miglioramento, magari delle donne che all’inizio erano un po’ più restie a raccontarsi».
Al momento al Centro Diurno passano circa 60 donne tra i 40 e i 60 anni durante le aperture ordinarie.
Avere uno spazio fisico in cui ritrovarsi per le donne senza dimora è uno degli aspetti più cruciali, che caratterizza la vita in strada.
«Lo sguardo maschile è sempre presente, e c’è sempre molta confusione perché magari c’è poco tempo e poco spazio fisico – raccontano le operatrici – Loro sanno che venendo qui trovano noi che siamo tra donne, e che c’è spazio per raccontarsi anche in una maniera molto intima. Soprattutto durante l’arteterapia, è un momento quasi terapeutico, è un’occasione per staccare dall’esterno».
Le operatrici raccontano dell’importanza per le donne senza dimora di avere uno spazio tutto per sé. «Le donne vivono una grande fragilità e solitudine – racconta Airoldi – Qui sei tu e non ti devi preoccupare di quello che ti guarda o che ti vuole fare del male».
Ci sono donne, poi, che finiscono in strada col compagno, col marito o col fidanzato. Ci sono donne che nello stare in strada si legano a uomini maltrattanti, sviluppando una sorta di dipendenza, «Si crea una spirale, e spezzarla diventa veramente molto difficile – commentano le operatrici – È molto difficile uscire da queste dinamiche. Decidere di rimanere da sola è difficile, perché l’uomo è quello che ti opprime, ma dall’altra parte è anche quello che un po’ ti protegge. Sono relazioni in cui non ho assolutamente voglia di stare, però ci sto perché sennò a dormire da sola all’aperto non so cosa mi può succedere».
Emma Besseghini (tratto da “il Settimanale della Diocesi di Como)
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