Pubblicato il: 16/12/2024Categorie: Editoriali, NewsTag: , ,

16 dicembre 2024 – C’è il tempo delle festività che si illumina soprattutto dei colori e delle luci delle strade, dei negozi, di Internet, delle varie occasioni di acquisto proposteci a tutti i livelli per rendere le feste di fine e inizio anno più accattivanti.

Si tratta di un’occasione importante per aumentare i consumi, gli acquisti. Per imbandire le tavole di prodotti che a volte durante l’anno non assaggi mai. Per fare festa, legittima, ma soprattutto per dare fondo alle 13esime e alla spinta irrefrenabile al consumo.

Forse, a essere sinceri, non si tratta del “memoriale” della natività di Betlemme, ma piuttosto di un’osservanza rituale di stili consumistici tipici della società del benessere. Aggiungendo poi, anche per giustificarci, che alla fine lo facciamo per i bambini. Perché in fondo è la loro festa.

Ma facendo memoria storica e biblica del perché celebriamo il Natale, quello autentico della nascita di Gesù, dovremmo ricordarci che Dio in un certo momento della storia, decide di irrompere in modo inaudito dentro il percorso dell’umanità.

A una donna di Galilea chiede un atto di fiducia straordinario mettendo la sua vita e l’onore della sua famiglia a rischio, perché deve dichiarare che “pur non conoscendo uomo” si trova incinta “per opera dello Spirito santo!”.

Al futuro marito Giuseppe, di credere fermamente che quanto sta assistendo è frutto di un’azione profetica di Dio nella storia. Tanto che nel racconto evangelico non proferisce parola, un silenzio forse frutto di un lungo e sofferto discernimento.

Ai pastori, gli “anawim” del tempo, chiede di essere annunciatori, dentro la dominazione politica e militare dell’impero di Roma, della nascita di un bimbo che porterà pace e giustizia sulla terra.

Siamo di fronte al rovesciamento delle parti. Natale è la sconvolgente notizia di un Dio che si fa carne e di quella carne ne fa storia di misericordia, d’amore, di perdono, di protagonismo dei poveri e degli esclusi. Non certo in sintonia con le motivazioni dei nostri giorni del perché si festeggi il natale dei consumi e degli sprechi.

Allora diventa fondamentale ricordarselo, celebrarlo, portarlo di nuovo al suo profondo significato.

Anche perché a Kharkiv, a Natale, si celebrerà sotto le bombe.

A Damasco si tenterà di vivere il Natale della ricostruzione e dell’integrazione dopo 52 anni di dittatura.

A Gaza sarà Natale se si riuscirà a mangiare almeno una volta e trovare un po’ di acqua pulita.

In Sud Sudan sarà Natale se si troverà un luogo dove posare il capo senza paura di essere costantemente scacciati.

Ancora una volta sarà Natale per tutti se saremo capaci di dirci che quello che conta davvero è riconoscere la dignità di ciascuna e di ciascuno, da nord a sud, da est a ovest, impegnandoci a costruire ponti di pace, di speranza, di inclusione.

Non è un rito. Non è una tradizione. Non è “solo” la festa dei bambini.
È la scommessa perenne e mai scontata di un Dio che si fida dell’umanità, mettendoci nelle mani un bimbo indifeso e fragile, ma capace di generare prospettive inaudite e scomodare i potenti della terra per portargli i doni e riconoscerlo “re” di pace, di misericordia, di perdono, di giustizia.

E che sia, per tutti, davvero un Santo Natale!

Rossano Breda, direttore della Caritas diocesana di Como

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